Mafia, 59 arresti nel Messinese. I figli dei boss ai vertici dei clan

L'operazione anti-mafia notturna dei Carabinieri.
L'operazione anti-mafia notturna dei Carabinieri. (ANSA)

PALERMO. – Il comando passa di padre in figlio, di generazione in generazione. Una “regola” con poche eccezioni in Cosa nostra, che vale anche per i clan messinesi. “Una volta che i boss sono in carcere gli spazi devono essere occupati: o c’è una guerra e qualcun altro prende il potere di chi è detenuto, o c’è una successione indolore”, spiega il procuratore della città dello Stretto Maurizio de Lucia che ha coordinato l’inchiesta che ha disarticolato i clan di Barcellona Pozzo di Gotto.

Boss, gregari, estortori, sono finiti in carcere in 59. Compresi i rampolli dei vecchi capimafia che, secondo le “regole” avevano sostituito i padri da anni al 41 bis. Il blitz, condotto dai carabinieri, segue di qualche settimana un altro colpo pesante inferto, allora, ai clan dei Nebrodi che avevano messo su una gigantesca truffa all’Ue intascando illegittimamente milioni di euro di contributi europei.

Una nuova frontiera nel business delle cosche che, invece, nella fascia tirrenica, finita ora nel mirino della Procura, continuano nei vecchi affari: estorsioni e droga. Gli incassi del racket non sono più sufficienti al sostentamento delle “famiglie”, le vittime delle estorsioni, in difficoltà per la crisi economica, denunciano. E i clan barcellonesi sono tornati a puntare su un business antico: il narcotraffico.

Lo racconta il pentito Alessio Alesci. “Con le estorsioni non si guadagnava più- ha rivelato agli investigatori -. C’era la crisi e le persone soldi non ne avevano e si è parlato di prendere la droga. La prendeva uno e valeva per tutti, il ricavato andava a tutti”.

Dalle intercettazioni – nei dialoghi gli affiliati usavano un linguaggio in codice per indicare lo stupefacente – sono venute fuori almeno tre grandi piazze di spaccio una delle quali a Lipari, nelle Eolie. “L’attività dello spaccio e la distribuzione di droga oggi sono necessarie ad accumulare capitali in modo veloce, in vista anche dell’estate, periodo in cui l’attività aumenta perché aumenta la richiesta”, spiega de Lucia.

Dall’inchiesta è emerso che i clan potevano contare su un grosso quantitativo di armi e che il rifornimento della cocaina, poi rivenduta ai tre diversi gruppi criminali che si occupavano dello spaccio, avveniva principalmente dalla ‘ndrangheta. Il blitz ha fatto luce anche su decine di estorsioni.

Commercianti, imprenditori, agenzie di pompe funebri, ma anche chi vinceva alle le slot machine finiva nel mirino del racket. I clan di Barcellona Pozzo di Gotto chiedevano soldi a tappeto. E due ragazzi, che avevano intascato 500mila euro giocando nel centro scommesse SNAI, furono costretti a pagare 5mila euro alla “famiglia”.

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