Export 2020 a ostacoli tra dazi, Brexit e virus

Immagine di un container allusivo alle esportazioni.
Immagine di un container allusivo alle esportazioni. (Azernews)

ROMA.  –  Tra dazi, Brexit e l’impatto sull’economia del Coronavirus il 2020 sarà una corsa a ostacoli per l’export italiano a cui servirà parecchio il buon risultato del mese di gennaio, che registra una crescita del 5,4% rispetto al mese precedente e del 4,4% su base annua. A fotografare la situazione, la Mappa dei Rischi 2020 “Come navigare in un mare d’insidie”, che Sace Simest (gruppo Cdp) realizza per sostenere l’internazionalizzazione delle imprese, in particolare, quelle più piccole.

E, per agevolare le imprese, arriveranno anche nuovi fondi, come ha annunciato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “300 milioni di euro pronti con l’Istituto del Commercio Estero ed altri 350 milioni stanziati per il fondo sull’export di Sace-Simest”.

Dei 199 Paesi analizzati nella Mappa dei Rischi 2020, 67 migliorano, 89 restano stabili e 43 peggiorano nel loro grado di rischio. Migliorano i Paesi dell’Europa emergente e Comunità degli Stati Indipendenti, aumentano i rischi politici nell’area medio-orientale e in alcuni Paesi dell’America Latina. In pratica resta un problema l’alto debito dei Paesi avanzati con un indebitamento globale che ha raggiunto i 253 mila miliardi di dollari nel terzo trimestre del 2019 ed un peso pari al 322,4% del Pil mondiale. Ma rispetto al 2019, i risultati mostrano una discreta stabilità nel rischio di credito.

Il rapporto evidenzia che sul fronte dei dazi le elezioni presidenziali statunitensi del 2020 potrebbero spingere l’amministrazione Trump a mosse a sorpresa, anche in chiave protezionistica mentre per quanto riguarda la Brexit il Regno Unito è nella fase di transizione fino alla fine dell’anno, un termine che però potrebbe essere prorogato di uno o due anni entro il 30 giugno 2020. E poi la grande incognita che si è ora aggiunta del Coronavirus, che avrà un impatto sulla crescita globale e su quella della Cina. Anche nello scenario considerato il più probabile che l’emergenza rientri in tempi rapidi e che le imprese cinesi compensino nella seconda metà dell’anno la produzione persa a inizio 2020, il Rapporto ricorda che occorrerà del tempo prima che le “perdite” siano recuperate.

I comparti che più risentiranno di un calo dell’import di Pechino sono il lusso, i metalli e l’oil. I consumatori cinesi rappresentano il 35% della domanda mondiale di beni del lusso e la Cina è il primo importatore mondiale di petrolio. Quale problema anche per elettronica, apparecchiature elettriche, tessile e automotive per la carenza di componenti in arrivo dalla Cina e sono attesi effetti negativi sul turismo per i paesi che attirano significativi afflussi dalla Cina.

(di Monica Paternesi/ANSA)

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