Coronavirus: Esplodono focolai in Sud Corea e Iran, allarme Pechino

Turisti cinesi all'aeroporto di Ninoy Aquino in Manila, Filippine.
Turisti cinesi all'aeroporto di Ninoy Aquino in Manila, Filippine. (ANSA- EPA/MARK R. CRISTINO)

PECHINO. – Esplodono i focolai in Corea del Sud e in Iran, le nuove frontiere del coronavirus. Mentre in Cina, dopo gli oltre 500 casi registrati in cinque carceri, il contagio allarma Pechino: sotto la guida del presidente Xi Jinping, il Politburo ha assicurato “tutti gli sforzi necessari per il controllo dell’epidemia” nella capitale all’indomani dei 36 casi in un ospedale del centro.

“Siamo preoccupati per l’aumento dei contagi di coronavirus in Iran dove ci sono 18 casi e 4 morti”, ha ammesso da Ginevra il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, fornendo il bollettino quotidiano sulla crisi e spiegando che l’Oms sta fornendo “i kit per i test” a Teheran. I numeri che però ha fatto circolare il ministro della Salute turco Fahrettin Koca dopo un colloquio con il collega iraniano sono ancora più allarmanti: cinque morti ma soprattutto 750 casi sospetti.

Mentre, a parte il caso della nave Diamond Princess in Giappone, è la Corea del Sud “il Paese con il maggior numero di contagiati fuori dalla Cina: stiamo lavorando in stretta collaborazione con il governo per capire le dinamiche di trasmissione che hanno portato a questi aumenti”.

Il capo dell’Oms ha avvertito inoltre che la “finestra” per frenare l’epidemia si sta “restringendo” e ha esortato ancora una volta la comunità internazionale ad agire rapidamente, anche in termini di finanziamenti. La vera preoccupazione è la diffusione del virus in Paesi con “un sistema sanitario più debole”: domani, non a caso, avrà una riunione con i ministri della Salute dell’Africa.

I Paesi vicini dell’Iran hanno espresso forti timori. La Turchia ha preso misure di precauzione al valico di frontiera di Gurbulak, l’Iraq ha deciso la chiusura temporanea delle frontiere con la Repubblica islamica, mentre la compagnia di bandiera del Kuwait ha sospeso i voli verso l’Iran. E anche l’Armenia pensa a misure restrittive. La fonte del contagio in Iran è attribuita ai lavoratori cinesi a Qom che hanno fatto diversi viaggi da e per la Cina, secondo una funzionaria del ministero della Salute citata dall’Irna.

La Corea del Sud dal canto suo ha registrato oggi la seconda vittima, una donna di circa 50 anni. Il Korea Center for Disease Control and Prevention (Kcdc) ha assicurato che la situazione è “gestibile”, malgrado i contagi si siano quadruplicati in tre giorni, a quota 204. Diverse decine di nuove infezioni sono legate alla Chiesa di Gesù Shincheonji, a Daegu, e a un “super diffusore” individuato in una donna di 61 anni. Il sindaco della quarta città del Paese, con 2,5 milioni di abitanti, ha detto che 135 membri della congregazione hanno i sintomi del virus, mentre sono in corso le ricerche di altre 57 persone.

Seul ha designato le città di Daegu e Cheongdo “zone di attenzione speciale” dopo il balzo dei contagi: il premier Chung Sye-kyun ha promesso ogni sforzo per misure “forti e rapide” contro la diffusione del virus. Il presidente Moon Jae-in ha parlato di “situazione molto grave” e il sindaco di Seul ha vietato dimostrazioni e riunioni.

Il ministero della Giustizia cinese ha in serata chiarito che sono cinque le prigioni tra Hubei, Shandong e Zhejiang che hanno registrato più di 500 casi di coronavirus. Sono già numerosi i provvedimenti adottati di rimozione e di punizione contro “le inefficienze” dei vertici sia delle amministrazioni carcerarie sia di quelle sanitarie locali. I morti complessivi sono saliti a 2.336 e i contagi certi hanno superato quota 75.000.

A Pechino, dopo i 9 casi delle ultime due settimane, altri 36 sono emersi al Fuxing Hospital: 8 membri del personale medico, 9 addetti delle pulizie e 19 pazienti. Il distretto è secondo solo a Wuhan (focolaio dell’epidemia) per “densità di infezione”, quanto a numero di casi confermati per km quadrato. Ci sono poi anche 3 casi al Peking University People’s Hospital, sempre a Xicheng. Il punto di svolta sull’epidemia “non è ancora arrivato”, ha rilevato una nota dopo la riunione del Politburo.

“La situazione nella provincia dell’Hubei e nella città di Wuhan resta ancora grave e complesse”. Ying Yong, neo segretario del Pcc dell’Hubei (dove si recherà la missione dell’Oms), ha disposto il riconteggio dei casi risultati negativi ai test dell’acido nucleico.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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