Sarraj lascia tavolo sulla Libia, Ankara pronta ad agire

Una foto tratta dal profilo Facebook dell' 'Ufficio informazioni del comando generale delle Forze armate libiche' che ritrae il premier libico Fayez Al Sarraj (S) e il generale Khalifa Haftar (D) ad Abu Dhabi, Il Cairo.
Una foto tratta dal profilo Facebook dell' 'Ufficio informazioni del comando generale delle Forze armate libiche' che ritrae il premier libico Fayez Al Sarraj (S) e il generale Khalifa Haftar (D) ad Abu Dhabi, Il Cairo. (ANSA)

ROMA. – Era stato l’unico risultato concreto della Conferenza di Berlino, ma al secondo round di colloqui il Comitato militare congiunto libico sembra essere già naufragato. Dopo l’ennesimo attacco del generale Khalifa Haftar, ieri sul porto di Tripoli, il premier del governo di accordo nazionale Fayez al Sarraj ha sbattuto la porta: “Sospendiamo la nostra partecipazione ai colloqui militari che si svolgono a Ginevra fino a quando non saranno adottate posizioni ferme contro l’aggressore e le sue violazioni” della tregua.

Schierato – anche con armi e uomini – al fianco di Sarraj, anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha alzato la voce, minacciando di passare all’azione contro l’uomo forte della Cirenaica: “Se non si potrà raggiungere un accordo giusto attraverso i negoziati internazionali, sosterremo il governo legittimo nel prendere il controllo dell’intero Paese”.

Parlando al gruppo parlamentare del suo Akp ad Ankara, il leader turco ha attaccato anche la decisione dell’Ue di schierare un’operazione navale e aerea nell’est del Mediterraneo per controllare il rispetto dell’embargo di armi verso la Libia, che continuano invece ad affluire dalla Turchia a Tripoli e dalla Russia a Bengasi: “L’Unione europea non ha alcuna autorità per prendere una decisione sulla Libia”, ha tuonato Erdogan, quando nelle stesse ore a Genova veniva arrestato il comandante della nave libanese Bana – dal 3 febbraio ferma nel porto ligure – con l’accusa di trasportare armi e cingolati turchi verso il Paese nordafricano.

Un fiume in piena, Erdogan ha anche lanciato “un ultimo avvertimento” al regime di Bashar al Assad, e al suo alleato russo, a ritirare entro un mese le sue forze dalla provincia siriana di Idlib: “È solo una questione di tempo prima che iniziamo un’altra operazione nel nord-ovest della Siria”.

Sul fronte opposto, intanto, Haftar è volato a Mosca dove ha incontrato il ministro della Difesa, Serghei Shoigu, reduce dalla riunione di ieri a Roma con il collega Serghei Lavrov e i due ministri italiani, Lorenzo Guerini e Luigi Di Maio. Shoigu e il generale hanno ribadito che la crisi può essere risolta solo attraverso “un processo politico” e che “l’integrità territoriale” della Libia va rispettata, ha fatto sapere il ministero russo in una nota che suona come l’ennesima dichiarazione di intenti.

Il processo politico però si allontana a ogni razzo o scontro tra le parti in campo. Le Nazioni Unite e l’inviato Ghassan Salamè tuttavia sperano ancora di poter riprendere la seconda sessione del dialogo 5+5 (cinque membri del sedicente Esercito nazionale libico di Haftar e cinque delle forze che difendono il governo di Sarraj e la capitale dall’offensiva del generale) interrotta bruscamente nella notte.

Pur condannando il bombardamento di ieri su Tripoli in cui sono morti tre civili e cinque sono rimasti feriti, l’Unsmil ha reiterato ancora una volta l’invito a “tutte le parti a ricorrere al dialogo quale unico mezzo per porre fine alla crisi”, con l’auspicio di trasformare la tregua – sancita a gennaio ma mai rispettata – in un cessato il fuoco permanente.

(di Laurence Figà-Talamanca/ANSA)

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