Strage di Bologna, ecco i mandanti: “P2 e lo Stato deviato”

Soccorritori a lavoro a Bologna dopo la strage
Soccorritori a lavoro a Bologna dopo la strage ANSA ARCHIVIO 97543

BOLOGNA. – C’è la loggia massonica P2 e il suo “maestro venerabile” Licio Gelli dietro la strage della stazione del 2 agosto 1980. Ma anche apparati deviati dello Stato. Ne sono convinti i magistrati della Procura generale di Bologna che dopo aver avocato nel 2017 l’indagine dalla Procura ordinaria, a 40 anni dall’attentato più sanguinario della storia della Repubblica (85 morti e oltre 200 feriti), hanno notificato quattro avvisi di fine indagine portando alla luce il lato oscuro che ancora mancava, quello dei mandanti della strage.

E Gelli, già condannato nel 1995 per depistaggio, morto nel 2015, avrebbe avuto un ruolo di primo piano nel finanziarla. Nel registro degli indagati c’è Paolo Bellini, ex Avanguardia Nazionale, considerato un esecutore dell’attentato, il ‘quinto uomo’, dunque, che avrebbe agito in concorso proprio con Gelli, con l’imprenditore e banchiere legato alla P2 Umberto Ortolani, con l’ex prefetto ed ex capo dell’ufficio Affari Riservati del ministero dell’Interno Federico Umberto D’Amato e con il giornalista iscritto alla P2 ed ex senatore dell’Msi, Mario Tedeschi.

Questi quattro, tutti deceduti, sono ritenuti mandanti, finanziatori o organizzatori, e quindi avrebbero agito in concorso con gli esecutori, cioè i Nar già condannati: Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini. I primi tre in via definitiva e l’ultimo in primo grado, dopo la sentenza all’ergastolo del mese scorso. Nell’avviso di conclusioni indagini si legge anche “con altre persone da identificare”.

La posizione delle quattro menti della P2 che si celavano dietro la bomba verranno subito archiviate, ma l’attività dei magistrati servirà comunque a dare una risposta ai familiari delle vittime, che da sempre invocano la completa verità sulla strage. E che oggi parlano di un processo che “può cambiare la storia d’Italia”.

Gli altri tre indagati, nell’ambito dell’inchiesta firmata dall’avvocato generale Alberto Candi e dai sostituti pg Umberto Palma e Nicola Proto, sono l’ex generale dei servizi segreti ed ex capo del Sisde di Padova Quintino Spella e l’ex carabiniere Piergiorgio Segatel, per depistaggio.

Mentre Domenico Catracchia, amministratore di condominio dell’immobile di via Gradoli 96, a Roma, dove si nascondevano le Brigate rosse, il cui nome è emerso anche in relazione ai covi che i Nar utilizzarono nella stessa strada, risponde di false informazioni al pm.

Nell’avviso di fine indagine Gelli e Ortolani sono indicati quali mandanti-finanziatori, D’Amato come mandante-organizzatore, Tedeschi come organizzatore per aver aiutato D’Amato nella gestione mediatica della strage, preparatoria e successiva e nell’attività di depistaggio delle indagini.

Per collegare mente e braccio armato gli investigatori della Guardia di Finanza hanno seguito il flusso di denaro, milioni di dollari, partito sostanzialmente da conti riconducibili a Gelli e Ortolani e alla fine destinati, indirettamente, al gruppo dei Nar e a coloro che sono indicati come organizzatori, D’Amato e Tedeschi, per ricostruire il ruolo dei massoni della P2.

Il lavoro dei finanzieri si è concentrato in parte sull’analisi di documentazione bancaria, poi su rogatorie con la Svizzera, ma anche su carte sequestrate all’epoca e soprattutto ha preso spunto dal fascicolo del processo sul crac del Banco Ambrosiano, consegnato agli inquirenti dagli avvocati dei familiari delle vittime.

In particolare all’interno del fascicolo c’è un atto chiamato ‘documento Bologna’, sequestrato nel 1982 a Gelli quando fu arrestato in Svizzera: un manoscritto con intestazione ‘Bologna – 525779 – X.S.’, con il numero corrispondente ad un conto corrente acceso alla Ubs di Ginevra dallo stesso ‘Venerabile’.

Proprio sulla base della data in cui si ritiene che sia partita la prima movimentazione del denaro, cioè a febbraio 1979, la Procura generale ha inserito nelle imputazioni il momento di inizio della condotta preparatoria all’attentato: febbraio 1979, appunto, “in località imprecisata”.

(di Alessandro Cori e Tommaso Romanin/ANSA)

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