Tv: ZeroZeroZero, in tre continenti sulla rotta della coca

L'anziano boss Don Minu (Adriano Chiaramida), in una scena della serie Tv ZeroZeroZero tratto dall'omonimo libro di Roberto Saviano.
L'anziano boss Don Minu (Adriano Chiaramida), in una scena della serie Tv ZeroZeroZero tratto dall'omonimo libro di Roberto Saviano. (ANSA)

ROMA. – Tra militari corrotti, mercanti di morte, boss della ‘ndrangheta, con salti dall’arcaismo medioevale delle cosche calabresi al glamour della borghesia criminale americana. Ispirata al libro omonimo di Roberto Saviano (Feltrinelli), sbarca in prima tv assoluta la serie ZeroZeroZero in otto episodi Sky Original, creata e firmata da Stefano Sollima regista dei primi due episodi. Dietro la macchina da presa troviamo anche i talentuosi Januz Metz e Pablo Trapero.

Prodotta da Cattleya – parte di ITV Studios – e Bartlebyfilm, debutterà su Sky Atlantic e NOW TV, dal 14 febbraio alle 21.15.

L’Aspromonte, New Orleans e Monterrey. I tre vertici del triangolo su cui si concentra il mercato mondiale della cocaina diventano gli scenari dei protagonisti. Creata da Stefano Sollima e dagli head writers Leonardo Fasoli e Mauricio Katz, basata sul trattamento degli stessi Fasoli e Sollima con Stefano Bises e Saviano.

Parte dall’Aspromonte, dove l’anziano boss Don Minu acquista la partita di droga per rinsaldare la sua leadership, ma è tradito dal giovane e ambizioso nipote Stefano (Giuseppe De Domenico visto in Euphoria). A New Orleans, il broker dell’affare, Edward Lynwood (Gabriel Byrne), si ritrova nei guai quando dall’Italia non arriva il pagamento pattuito, mettendo a rischio la sua compagnia navale e la sua famiglia presso cui lavorano la figlia maggiore Emma (intensa e maestosa l’attrice britannica Andrea Riseborough.- Animali Notturni-Birdman) suo braccio destro, insieme gestiscono sia l’impero finanziario legale quello illegale che con un solo carico l’anno di cocaina tiene in piedi tutto, poi c’è l’altro figlio Chris (l’attore statunitense Dane Dehaan-Lawless, Giovani ribelli) affetto da una malattia neurodegenerativa sempre tenuto lontano dai suoi affari, plurilaureato, ma una evento stravolgerà le cose.

In Messico, le forze dell’esercito cercano di fermare l’avvio della spedizione, ma al comando della squadra designata c’è il soldato ‘Vampiro’, anche lui al soldo del Cartello.

Bellissima la fotografia di Paolo Carnera. Messa in scena potente per Sollima, accompagnato dalle musiche elettroniche degli scozzesi Mogwai e ancorato ad uno stile di regia che abbraccia sacro e profano con il potere puntualmente legato alla morale religiosa.

“Credi nell’amore? L’amore finisce. Credi nel cuore? il cuore si ferma. Niente amore e niente cuore. Credi in tua moglie? Appena finiscono i soldi ti dirà che la trascuri. Credi nei figli? Appena finirai di passargli il denaro ti diranno che non li ami”.

Si apre con Don Minù (uno strepitoso Adriano Chiaramida – Romanzo Criminale -la serie di Sollima) che esce dal suo bunker salendo piano le scale con passo incerto: è il capo della ‘Ndrangheta, da anni vive nascosto tra i monti in Aspromonte, da cui gestisce i traffici della sua immensa organizzazione. Un latitante reso cieco da un occhio. Vecchio e macilento, non ha nessuna voglia di mollare e continua a comandare le cosche locali.

“Il potere del boss – spiega Chiaramida – non è stato intaccato dagli anni, fa parte del dna essere un boss, non si aspetta di fare la bella vita anche se vive da recluso perché latitante. E’ convinto che il potere si paga con l’odio e il sangue”. Calabria, dunque, dove alcuni giovani cercano di assaltare il potere pluridecennale dell’anziano boss e compiere un vero e proprio colpo di Stato all’interno della ‘ndrina.

Poi c’è il Messico,con gli squadroni della morte dell’esercito che cercano di colpire i cartelli nei loro punti deboli, combattendo anche con la corruzione che serpeggia nelle loro stesse fila. E infine la Lousiana di una ricca famiglia di broker, scissa tra operazioni legali e commerci illegali e costretta salvaguardare la propria azienda per poter sopravvivere.

Un affresco a tinte crime sulle rotte globali della cocaina, girato in 3 continenti (America, Europa, Africa), in 5 paesi (Italia, Messico, Marocco, Louisiana e Senegal) e in 6 lingue (inglese, spagnolo, italiano, francese, wolof e arabo), coinvolgendo oltre mille persone di troupe, più di diecimila comparse per un viaggio on the road in otto episodi.

Dicono Solima e gli altri autori: “Per tre anni abbiamo viaggiato in lungo e in largo, facendo ricerche, un’inchiesta nell’inchiesta, esplorando le location e intervistando le persone. I particolari crudi e i meccanismi visivi forti che abbiamo inserito si basano sull’assoluta verità. Il nostro obiettivo: raccontare ogni svolta narrativa e ogni ambientazione dal punto di vista di un vero insider, in modo che il pubblico possa osservare quei mondi da una prospettiva inedita”.

Tante le scene forti, quelle da chiudersi gli occhi e quelle piene di ritmo girate in modo acrobatico da più angolazioni con effetti spettacolari. Tanti i salti temporali, che costringono a seguire tutta la serie per non perdere il filo narrativo.

Per Saviano: “Non esiste mercato al mondo che renda più di quello della cocaina. Non esiste investimento finanziario che frutti come investire in cocaina. Scrivere di cocaina è come farne uso. Vuoi sempre più notizie, più informazioni, tutte le storie che scovi sono importanti perché ti aiutano a completare il quadro”.

(di Nicoletta Tamberlich/ANSA)

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