Ultima mediazione di Conte sulla prescrizione, ma sfida M5s e Italia Viva

Il primo Ministro Giuseppe Conte nell'aula del Senato. ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI

ROMA. – Un ultimo tentativo di mediazione sulla prescrizione, per infrangere il muro contro muro di M5s e Italia viva. Giuseppe Conte ci prova. Convoca in nottata a Palazzo Chigi un vertice di maggioranza per cercare una mediazione che in partenza sembra quasi impossibile. Richiama all’ordine i partiti, li invita a fare il passo che consenta di siglare un’intesa.

Serve non solo a mandare avanti la riforma del processo penale ma a sbloccare l’intera agenda di governo, “ostaggio” dello scontro sulla giustizia. Pd e Leu spingono per una mediazione: l’idea è far scattare il blocco definitivo della prescrizione solo dopo una doppia condanna, in primo grado e in appello. Il Movimento dice un sì condizionato. Matteo Renzi dice no, non basta: bisogna rinviare tutto di un anno.

Se gli altri partiti andranno avanti senza Iv, avverte, porterà lo scontro in Aula al Senato “dove Bonafede anche con il Pd non ha i numeri: dovrà cedere”. Se non ci sarà intesa, replicano fonti M5s, il ministro andrà alla sfida in Aula.

Ogni giorno l’asticella della tensione tra i giallorossi va un po’ più su. Dalle parole di Nicola Zingaretti trapela quanto il Pd sia spazientito per l’atteggiamento degli altri partiti e per l’immobilismo del governo. Il segretario del Pd definisce un “errore” l’appello di Luigi Di Maio ai Cinque stelle a scendere in piazza contro i vitalizi e in difesa della riforma Bonafede sulla prescrizione.

Il M5s deve “chiarire” cosa “vuole fare rispetto al governo”, dice. I Dem chiedono a Conte di dare una spinta al M5s perché sia finalmente possibile un cambio di passo. Zingaretti torna a definire il premier “riferimento dei progressisti” e anche per questo gli chiede di “voltare pagina” sui decreti sicurezza di Salvini.

Dal M5s Vito Crimi prova a rassicurare: “La piazza sarà contro i vitalizi”, non contro il governo. “E’ una battaglia che il M5s ha sempre fatto”, concorda Conte. Ma con i 5s balcanizzati e Iv in trincea sulle sue battaglie, pare arduo fare passi avanti neanche su un singolo dossier, pur divisivo, come la giustizia.

Per sciogliere il nodo prescrizione Conte punta sulla riforma complessiva del processo penale, che mira a tagliare i tempi dei processi e quindi “sterilizzare” la prescrizione. In Senato scherza con chi gli chiede se la riunione convocata a Palazzo Chigi sia quella “definitiva” e – sorridendo – fa il gesto delle corna per “allontanare” rischi di cadute del governo.

Intanto, ai partiti chiede di fare il passo che consenta di siglare un’intesa: il tentativo è convincere Iv a ritirare l’emendamento al decreto Milleproroghe per rinviare la riforma Bonafede.

Il ministro della Giustizia fissa la sua trincea e dice no a ogni rinvio e boccia anche l’idea, che piace a una parte dei renziani, di far scattare la sospensione della prescrizione dopo il secondo grado di giudizio. Ma Bonafede apre a un meccanismo per step, proposto dal deputato Leu Federico Conte, che bloccherebbe la prescrizione – come prevede la legge Bonafede – dopo il primo grado di giudizio, ma tornerebbe a farla decorrere in caso di assoluzione in appello.

Può bastare? Pd e Leu dicono di sì. Iv dice di no. Ma gli alleati potrebbero decidere di andare avanti anche senza i renziani, tacciandoli di un atteggiamento irresponsabile e di una posizione presa solo per avere visibilità e guadagnare voti. A quel punto, però, si rinvierebbe tutto alla battaglia parlamentare.

Italia viva fa già sapere – sapendo di non avere i voti per farla passare – che voterà l’emendamento Annibali per rinviare di un anno la riforma Bonafede e poi in Aula, il 24 febbraio, la proposta di legge del forzista Costa per cancellare la legge del ministro M5s.

Se anche in questo caso fosse battuto, Renzi presenterebbe la stessa proposta in Senato: “Lì Bonafede non ha i numeri anche col sostengo del Pd, se non lo convincerà la politica, ci penserà la matematica”, attacca Iv. Ma il ministro sembra pronto ad andare alla sfida, il governo potrebbe tirarsi fuori e lasciare ogni decisione al Parlamento. Le conseguenze sulla tenuta della maggioranza sarebbero però imprevedibili.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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