Conte vede Mittal, rinvio udienza per trattare ancora

Il premier Giuseppe Conte a Londra con il premier britannico Boris Johnson a Londra, 4 febbraio 2020
Il premier Giuseppe Conte a Londra con il premier britannico Boris Johnson a Londra, 4 febbraio 2020. ANSA/CHIGI PALACE PRESS OFFICE/FILIPPO ATTILI

ROMA. – Arrivare venerdì in tribunale a Milano almeno con una bozza di accordo con Arcelor Mittal, che consenta di ottenere un nuovo rinvio dell’udienza sul recesso dell’azienda dall’Ilva di Taranto. E’ l’obiettivo cui si lavora in queste ore, ai tavoli tecnici e di governo.

La spinta, in una trattativa tuttora molto complicata, arriva da un incontro a Londra tra Giuseppe Conte e Lakshmi Mittal, presidente e amministratore delegato del colosso franco-indiano. Ci sono, assicura il premier, “obiettivi condivisi” ovvero una volontà comune di arrivare – è difficile che si riesca entro venerdì – a un’intesa che, anche grazie all’ingresso pubblico, permetta di tenere aperti gli impianti e avviare una riconversione ecologica, “con un livello occupazionale adeguato”.

I nodi su cui si discute da settimane sono gli esuberi, la leva fiscale e l’entità dell’ingresso pubblico. Nel colloquio londinese Conte spiega di non aver “negoziato i dettagli” con Lakshmi Mittal. Ma di aver “ribadito le linee di fondo del negoziato” per “dare nuova linfa” al lavoro dei “rispettivi negoziatori e dello staff di legali” che, a quanto viene riferito, sarebbero tornati a incontrarsi anche in giornata.

Dal governo trapela moderato ottimismo. Arcelor Mittal dovrebbe parlare giovedì, in occasione della presentazione del bilancio. Si cerca intanto di chiudere una bozza di accordo entro venerdì, per evitare che Mittal lasci Taranto e si proceda in tribunale con una durissima battaglia legale.

“In tribunale bisogna andarci ma sarebbe bene arrivarci con un accordo”, dice Conte. Si parte, sottolinea il presidente del Consiglio, dalla “definizione del nuovo piano industriale”. Da lì deriva tutto, inclusa una quota di esuberi che nello stesso governo ritengono inevitabili. L’azienda ha messo sul tavolo 3000 esuberi, secondo alcune fonti l’esecutivo potrebbe arrivare a 2000, che si sommano ai 2000 già esistenti.

Conte a Mittal ribadisce che “i numeri iniziali non sono accettabili” e che per l’esecutivo è “fondamentale preservare un livello occupazionale elevato”. L’idea sarebbe, in accordo con i sindacati, negoziare una quota sostenibile di ammortizzatori sociali, da unire ad eventuali scivoli e dalle possibilità di impiego per la realizzazione degli interventi del “cantiere Taranto”, il mix di misure per la città che il governo ha tenuto in stand by, con l’idea di varare un decreto che “accompagni” l’eventuale intesa per l’ex Ilva. L’accordo è probabile che includa anche un nuovo “scudo”.

Ma per ora ci si starebbe concentrando sugli aspetti “industriali”. Secondo alcune fonti, Mittal preferirebbe che l’investimento pubblico che – come Conte ribadisce – il governo è pronto a compiere, non avvenga attraverso Invitalia.

L’azienda vorrebbe inoltre uno sconto sugli impianti e soprattutto un intervento attraverso la leva fiscale che permetta di abbassare il costo dell’acciaio di Taranto e renderlo competitivo (i tecnici starebbero valutando la fattibilità anche in relazione alle regole internazionali antidumping).

A latere si starebbe studiando anche un rafforzamento della zona economica speciale. Il premier insiste soprattutto sul tasto della “transizione energetica” e della riconversione degli impianti, per i quali potrebbe studiarsi la nascita di una new co. “Voglio, vogliamo, che Taranto diventi uno degli stabilimenti più innovativi al mondo”, sottolinea il premier. E ne parla sia con Mittal che con la presidente della commissione Ue Ursula Von Der Leyen, che incontra a Bruxelles nel pomeriggio.

“Abbiamo parlato della possibilità di usare il Just transition fund europeo”, il nuovo Fondo Ue per la transizione ambientale, “anche per Taranto”, sottolinea Conte al termine del colloquio. L’altro tema è misurare l’intervento pubblico nell’ex Ilva in modo che non sia in contrasto con le regole europee. E’ un problema che riguarda anche Alitalia, per la quale la Commissione Ue sta valutando l’ammissibilità del prestito ponte.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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