Coronavirus fa più morti della Sars, crolla Borsa

Cittadini con mascherine passano di fronte a un schermo tabellone del mercato bursatile a Tokyo, Giappone.
Cittadini con mascherine passano di fronte a un schermo tabellone del mercato bursatile a Tokyo, Giappone. (EPA/FRANCK ROBICHON)

PECHINO. – In piena notte, l’aereo con gli italiani bloccati a Wuhan per la quarantena decisa per contenere il nuovo coronavirus, è partito dalla città focolaio dell’ epidemia con il volo dell’Unità di Crisi della Farnesina.

Poche ore dopo, le Borse cinesi sono crollate alla prova dei mercati dopo la lunga pausa del Capodanno lunare, quando la corsa dell’epidemia è ancora sostenuta e i decessi hanno superato quelli della Sars del 2003 (361 contro 349).

Shanghai ha perso in avvio l’8,7% e Shenzhen il 9%, mentre, sui mercati valutari, lo yuan ha sfondato quota 7 sul dollaro, fino a 7,0049 (+0,99%), malgrado la protezione predisposta dalla Banca centrale cinese (Pboc) che ieri ha preannunciato la maxi iniezione di liquidità per 1.200 miliardi di yuan (173 miliardi di dollari) per attutire i contraccolpi dell’epidemia sulla fiducia degli investitori.

La Cina ha registrato 57 nuovi decessi nel conteggio della sola giornata di ieri, portando il totale a quota 361: gli ultimi aggiornamenti della Commissione sanitaria nazionale (Nhc) hanno inoltre segnalato 2.296 nuovi contagi accertati, per 17.205 casi complessivi. Mentre i casi sospetti sono cresciuti a 21.558 e le guarigioni a quota 475.

I 361 morti, annunciati oggi dalla Commissione sanitaria nazionale (Nhc), hanno superato i decessi della Sindrome respiratoria acuta grave (Sars) che nel 2002-03 ne fece 349, secondo i numeri ufficiali dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Allo stato, i contagi totali del coronavirus sono 17.205, più del triplo dei 5.327 della Sars.

Nel primo giorno utile di ritorno al lavoro, sono almeno 24 le province e municipalità cinesi, come Shanghai, Chongqing e il Guandong, che invece hanno rinviato la ripresa delle attività economiche e produttive a non prima del 10 febbraio per i timori di contagio. Sono aree che nel 2019 hanno pesato per oltre l’80% in termini di contributo al Pil della Cina e per il 90% all’export.

L’Hubei, cuore dell’epidemia, non ripartirà prima del 14 febbraio, sempre che non si richieda una “appropriata estensione” del periodo di ferie, ha scritto venerdì il Quotidiano del Popolo.

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