Tunisia: addio a Lina, simbolo della Rivoluzione dei Gelsomini

La blogger tunisina Lina Ben Mhenni, in una foto d'archivio del 2011.
La blogger tunisina Lina Ben Mhenni, in una foto d'archivio del 2011. ANSA/STR

TUNISI. – La Tunisia ed il mondo intero piangono Lina Ben Mhenni, la blogger divenuta il volto e la voce della Rivoluzione dei Gelsomini, morta a soli 36 anni per una malattia autoimmune. Giornalista, paladina del diritto alla libera espressione e attivista dei diritti umani Lina non è riuscita a superare la patologia che l’aveva costretta ad un trapianto di rene (donatole dalla madre).

Il suo blog ‘Una ragazza tunisina’ divenne famoso in tutto il mondo durante la Rivoluzione dei Gelsomini nel 2011 in Tunisia, cha amava definire la rivoluzione “della dignità” ed è stata spesso considerata come “la voce della rivolta tunisina”.

La giovane si recò a Sidi Bouzid, dove si era dato fuoco l’attivista Mohamed Bouazizi a dicembre del 2010 per protestare contro le condizioni economiche della Tunisia. La blogger è stata la prima a raccontare quanto stava accadendo sul suo blog.

Nel 2011 ha pubblicato, per le edizioni Indigène, ‘Tunisian Girl, blogueuse pour un printemps arabe’, poi tradotto in molte lingue, in cui racconta la sua storia di blogger indipendente e di manifestante, prima e dopo la rivoluzione.

Nel 2011 venne candidata al premio Nobel per la Pace e molti sono stati i riconoscimenti che ha ricevuto in questi anni, tra i quali il Premio Roma per la Pace e l’Azione Umanitaria, il Premio come migliore reporter internazionale del quotidiano El Pais nel 2011, il Premio Sean MacBride per la Pace, il Premio Minerva per l’azione politica, il Premio Ischia Internazionale di Giornalismo nel 2014.

Lina, figlia del noto attivista marxista tunisino, Sadok Ben Mhenni, negli anni successivi alla rivoluzione si è sempre interessata ai problemi della gente denunciando le violazioni ai diritti umani e i soprusi al potere, finendo anche per vivere sotto scorta per le minacce di morte ricevute. Minacce bipartisan come le sue denunce contro i corrotti, la polizia violenta o i fondamentalisti islamici. Una determinazione conosciuta da chiunque la conosceva e che la fragilità del suo corpo non è riuscita ad attenuare.

“Una donna coraggiosa e determinata, simbolo esemplare della Tunisia che si impegna per promuovere i diritti umani e la democrazia” ha detto di lei su twitter l’ambasciatore d’Italia in Tunisia, Lorenzo Fanara, aggiungendo che “l’Italia continuerà a sostenere i valori difesi da Lina”.

Lina sognava una Tunisia democratica e moderna dove la politica fosse separata dalla religione, e di poco sollievo le era il fatto che almeno la rivoluzione avesse consentito di togliere il bavaglio della censura. Con Lina se ne va uno dei simboli della rivoluzione tunisina, un personaggio autentico che ha sempre combattuto per i diritti dei più deboli, in nome di una giustizia sociale in cui credeva fermamente e che reputava il pilastro di una democrazia moderna.

Ultimamente aveva aderito con entusiasmo al movimento #EnaZeda, (Anch’io’), versione tunisina del fenomeno mondiale #Metoo a difesa di tutte le donne tunisine molestate e si era fatta promotrice di una raccolta di libri da donare alle carceri tunisine riuscendo a raccogliere circa 50 mila volumi.

Il suo precario stato di salute non le ha impedito di essere presente lo scorso 19 gennaio ai funerali di Tarak Dziri, uno dei feriti della rivoluzione, poi incensato anche dal presidente tunisino Kais Saied.

(di Paolo Paluzzi/ANSAmed)