Nanetto è nato donnaiolo. Finché ha potuto non c’è stata donna al mondo capace di resistere all’incanto delle sue carezze.
Il padre tollerava le sue scappatelle con le ragazze civettuole del quartiere e, ancor di più, con le turiste svedesi che arrivavano a Roma in cerca di avventure, anche perché solevano essere persino generose: lo ricompensavano con doni e con denaro. Tuttavia, il giorno in cui si presenta a casa con quella giovane dai grossi cerchi appesi alle orecchie, dal vestito largo e lungo dai colori sgargianti, con i capelli lisci e neri che la rendevano inequivocabilmente imparentata a quelle zingare profittatrici e fastidiose che si concentravano nelle piazze e ad ogni angolo del centro storico della città, allora si agita e lo rimprovera con tanta ira che sorprende lo stesso figlio:
– Questa non la voglio a casa mia!
Il giorno dopo, quando evaporano i bollori della rabbia e il viso del padre amato recupera l’espressione pacata dell’uomo bonaccione senza rancori, Nanetto trova il coraggio di parlargli a viso aperto come non aveva mai osato.
– Padre – gli dice, – mi sono cacciato in un pasticcio. La ragazza è incinta. Tu sai che non si scherza con l’onore di questa gente che risolve tutto a coltellate. Se non mi sposo, e lo dico seriamente, sarò di sicuro un uomo morto. Che faccio?
Non si nota stupore sul volto di Nazzareno − così si chiama il padre − forse perché si era accorto, dalla protuberanza del ventre della donna, dell’errore commesso da suo figlio. Perciò, durante la notte insonne, con lo sguardo fisso sul soffitto bianco della casa, rifugio di quattro o più generazioni, aveva disegnato un piano che, per il bene di tutti, bisognava eseguire senza indugio.
– Io e tua madre – gli dice ormai del tutto rassegnato – ci trasferiremo per un po’ di tempo a casa di tuo zio, laggiù nelle campagne di Latina dove l’odore di mosto, dell’olio appena franto, e del frumento dalla fragranza delicata e intensa si mescolano con il cinguettio di stormi d’uccelli variopinti: capinere, perlopiù, ma anche canarini o tortore dal piumaggio grigio, simile alla cenere, con macchie d’un azzurro stinto sulla testa. Dove la brezza culla lentamente le cime degli abeti e dei pini o, in autunno, venti e temporali scrollano le querce cariche di gazze e di civette. Tu, invece, te ne andrai in Venezuela, paese oltre l’oceano, che confina con l’empireo. Laddove i cherubini si riuniscono spesso per crogiolarsi con il fragore dell’acqua cristallina che si tuffa da circa mille metri da una cascata chiamata Salto Ángel[1]. O per prendere il sole che in estate brucia come il fuoco del carbone che spinge il bastimento. Lì, il mio amico Fontana, proprietario di una flotta di camion per il trasporto dei bovini macellati, ti offrirà un lavoro.
Impossibile ribattere una decisione così ben meditata, la quale non solo caccia il figlio dall’impiccio, ma gli offre anche prospettive di un miglior futuro in quei tempi di acuta crisi in patria.
Nanetto è affascinato dalla terra promessa. Ed anche dal lavoro che gli consente di andare da un posto all’altro montato su un camion che, con il passar del tempo, diventa il complice di tutti i suoi segreti. Di quelli leciti, ma anche di quelli impossibili da svelare, poiché trasformerebbero questa storia in un racconto solo per adulti. Tante avventure sulle strade con belle giovincelle che scappano da casa in cerca di fortuna nel mestiere antico. Avventure anche con le fanciulle dabbene che non resistono alla sfilza delle sue moine per poi lasciarsi travolgere dall’arte delle carezze che paiono imparate nel classico manuale del Casanova. Insomma, un don Giovanni bramato perché paga bene, e ricercato perché dona sapore in abbondanza a quelle boccucce avide di miele.
Oltre che dalle mulatte, belle e sinuose, il giovane immigrato è anche attratto dai giochi e passatempi della nuova terra. Spesso lo si ritrova nelle arene dei toros coleados[2], o nei gallodromi dove si scommette sul gallo come si fa con un levriero, o in una corsa di cavalli.
Ahimè che pasticcio, a proposito del gallo da combattimento! Ne acquista uno dagli artigli acuti, becco appuntito e piume rosse. La prima volta che gioca sbanca tutto. Quattromila bolívares, vale a dire una fortuna a quei tempi in cui la moneta del paese era forte come il ferro legato che poi diventa acciaio. Impara, inoltre, la regola del llanero[3] quando è baciato dalla sorte: aguardiente[4] per tutti e rum a fiumi fino ad esaurire l’ultima bottiglia. Il gallo, poi, se lo lega al polso: non succeda che nell’ebbrezza finisca intrappolato nel sacco di un marpione!
In definitiva, alcol che va e che viene finché tutti gli invitati, come bambole di pezza, rimangono ammucchiati gli uni sopra gli altri simile ai sacchetti della spazzatura.
Nanetto, il giorno dopo, viene trovato da un camionista amico disteso tra i cespugli, con il gallo ancora legato al polso, la testa appoggiata al petto e macchiato di sangue dalla pancia fino ai piedi scalzi. Gli tocca il polso. È ancora vivo.
– Muoviamoci – dice al suo aiutante – prima che muoia dissanguato. L’ospedale non è lontano. Andiamo.
Quando i medici ripuliscono il lago di sangue che copre di rosso metà del suo corpo, scoprono allibiti che il pene è pizzicato come una salsiccia quando viene lanciata in mezzo a uccelli rapaci e questi, a turno, strappano un pezzetto alla volta fino a lasciare solo la sottile budellina che l’avvolge.
– È grave l’accaduto – dice il primario. – Bisogna amputare subito se vogliamo evitare una cancrena dagli effetti imprevisti. Come sarà successo? Dio mio, uno non smette mai di vedere cose strane in questa professione… Abbiamo bisogno di un familiare che autorizzi l’intervento e che risponda per le spese che saranno enormi.
Al risveglio del paziente, non si sa se dallo svenimento per il dolore di quell’orrenda ferita o se dall’ebbrezza ancora palese per l’odore acre dell’alcol profuso, interrogato dal medico che non ha perso una virgola dello stupore iniziale, il giovane ricorda solo che, uscito dal locale, sente il bisogno di orinare e, così, si avvicina a un albero in mezzo alla boscaglia.
– Perdo l’equilibrio – prosegue senza aprire gli occhi – e cado seduto tra gli arbusti col membro in mano che continua a gocciolare. All’improvviso, il gallo, con impeto folle e insolito, si lancia tra le mie cosce e becca, e strappa, come se, invece di un pene, avessi tra le mani una pannocchia di granturco. Non ricordo altro. Poi sono caduto in un sonno profondo e non so per quanto tempo…
Il medico accenna ad un sorriso, ma si trattiene all’istante per non ferire il paziente indolenzito. Gli chiede, quindi, se ha familiari e sufficienti risorse per l’intervento. Non giunge la risposta, poiché Nanetto cade di nuovo tra le braccia di Morfeo, senza nessuna intenzione di risvegliarsi presto. In ogni caso, l’amico camionista garantisce che ha un’assicurazione, come tutti i dipendenti dell’azienda, ed è a conoscenza di una giovane con cui l’ha visto in giro con più frequenza.
– Se si tratta di un’amante, concubina o moglie, è difficile da sapere. Per tutti è un mistero come riesca quest’uomo a cambiare compagna da un giorno all’altro. Sono tutte belle donne: mulatte avvenenti dai corpicini asciutti, bionde dagli occhi azzurri come il cielo, meticce sorridenti e sempre allegre… Questa che lo accompagna, ora, è un femminone dal portamento d’attrice e le si nota dal viso sorridente com’è appagata quando si pavoneggia insieme a lui per il Paseo Los Ilustres[5], o lungo altre strade affollate la domenica.
Riescono, finalmente, a contattare l’assicurazione che rilascia l’autorizzazione per l’intervento. Anche la giovane donna si presenta nella clinica privata dove Nanetto persiste nel suo sonno profondo, già anestetizzato per alleviargli il dolore. Maria entra nella camera buia con passo silenzioso in compagnia del chirurgo. Quando il medico la informa che bisogna amputare il pene e le spiega il motivo, la donna perde il contegno fino ad allora mantenuto, e urla, si strappa i capelli, dà pugni contro il muro e piange disperata come una bimba quando è privata del suo giocattolino nuovo che aveva tanto agognato. Chiunque intuiva che le lacrime versate non erano soltanto per l’immigrato sventurato, ma soprattutto per le conseguenze di quell’oggetto che la rendeva tanto felice. Perché da quel momento il giovane italiano dalle quattro membra flessibili e uno duro diventa all’improvviso un anziano prematuro dalle quattro membra dure e uno flessibile.
Terminano così le avventure di Nanetto. Da lì in avanti un altro stile di vita: più casalingo, più comune.
Ritornare in Italia?
– Nemmeno a pensarci! Venezuela è la mia patria e basta. Da qui nessuno mi smuove.
Ora Nanetto è un settantenne ed è sposato per davvero, con Teresa, già madre di una bella bimba che lo chiama papà. Il suo nuovo lavoro consiste nel segnare i turni in una sala da biliardo. È allegro, felice e non smette di guardare di sottecchi ogni bella donna che gli passa accanto. Dicono che conduce una vita gioiosa, senza rancori per la sua triste disavventura. A coloro che gli chiedono di questa triste storiella della sua vita, lui la racconta pedissequamente come una poesia che si sa a memoria. E finisce sempre con lo stesso ritornello:
– Amico, la vita non ha senso se non la conduci con una donna a fianco. Cercala sempre e non ti arrendere: anche se ti manca un dito, una gamba, un occhio, o un pene, come nel caso mio, pizzicottato da un gallo da combattimento…
Il Salto Ángel è la cascata più alta del mondo (979 metri) con un tratto di caduta ininterrotta dell’acqua di 807 metri. Si trova lungo il corso del torrente Carrao e precipita dall’altopiano della montagna Auyantepui nel Parco Nazionale di Canaima, nello Stato Bolívar.
[2] Toros coleados o Coleo de toros è uno sport relazionato con l’introduzione dell’allevamento bovino nei territori dell’attuale Colombia e Venezuela, a partire dalla seconda metà del XVI secolo. Il gioco si svolge all’interno di un’arena (man–ga), dove quattro uomini a cavallo (coleadores) si sfidano nell’acchiappare per la coda un toro, abbattendolo il più volte possibile durante ogni turno della durata di quattro minuti.
[3] Llanero (si legga glianero) è l’abitante delle savane venezuelane, zone in cui sono particolarmente frequenti i combattimenti di galli.
[4] Aguardiente è il nome generico, in spagnolo, per bevande alcoliche tra i 40 e i 45 gradi, e significa letteralmente ‘acqua ardente’, in quanto “brucia” la gola del bevito-re. In alcuni paesi latinoamericani con questo nome si indica esclusivamente la be-vanda locale ricavata dal distillato del succo della canna da zucchero o della melas-sa.
[5] Il Paseo Los Ilustres, più noto come Los Próceres (si legga los proseres) è un ampio corso costruito in memoria degli illustri combattenti delle guerre d’indipen-denza venezuelana. Inaugurato nel 1956 dal presidente Marcos Pérez Jiménez, è disegnato in stile neoclassico e pretende ricoprire, all’interno della geografia urbana di Caracas, il ruolo che i Campi Elisei hanno a Parigi.