Tripoli sfida la no-fly zone di Haftar e riapre Mitiga

Una immagine dei raid aerei scattati sull'aeroporto militare libico di Mittiga, vicino a Tripoli
Una immagine dei raid aerei scattati sull'aeroporto militare libico di Mittiga, vicino a Tripoli,(ANSA)

IL CAIRO. – Poker ad alto rischio sui cieli di Tripoli: la posta gettata sul tavolo dal premier Fayez al-Sarraj per scoprire il probabile bluff del generale Khalifa Haftar sono centinaia di passeggeri di aerei in partenza e in arrivo all’aeroporto di Mitiga.

Rappresenta in sostanza questo la decisione di riaprire lo scalo della capitale nonostante la no-fly zone imposta sulla città da Haftar, che peraltro sta giocando anche un’altra partita con la comunità internazionale: quella del blocco di terminal e giacimenti petroliferi, ricreando lo scenario provocato dalla caduta di Muammar Gheddafi nel 2011.

Pur di tornare a far funzionare l’unico aeroporto di Tripoli senza doversi appoggiare a Misurata o Tunisi, Sarraj ha ordinato la ripresa del traffico aereo nonostante le “minacce chiare e pubbliche” fatte mercoledì sera dal portavoce delle forze di Haftar che hanno causato la chiusura dell’aeroporto: “Qualsiasi aereo militare o civile, indipendentemente dalla sua appartenenza, che sorvoli la capitale sarà distrutto”, aveva avvertito Ahmed al-Mismari, come del resto aveva fatto già l’8 gennaio senza conseguenze, almeno per gli aerei civil (mercoledì è stato annunciato l’abbattimento di un “drone turco”).

Tali “minacce chiare e pubbliche”, ha fatto scrivere Sarraj in un comunicato del Consiglio presidenziale di cui è capo, “rappresentano un premeditato crimine di guerra”. Lo scalo, che Haftar sospetta venga usato dalla Turchia per far giungere miliziani e armi, mercoledì era stato anche colpito con sei razzi di tipo Grad.

Senza vite a rischio, ma con potenziali contraccolpi devastanti per l’economia, è poi il duello sul petrolio. Attraverso il blocco di cinque porti e la chiusura di valvole in due oleodotti, Haftar è riuscito a creare il rischio che in “pochi giorni” la produzione di greggio libico crolli da oltre 1,2 milioni a soli 72 mila barili al giorno, come ha ribadito il presidente della Compagnia nazionale (Noc) libica Mustafa Sanalla.

Insomma, uno scenario simile a quello del 2011, quando con il blocco dei terminal della mezzaluna petrolifera il greggio libico – molto ricercato per la sua elevata qualità – schizzò a 120 dollari al barile, sebbene ora il mercato sia considerato meglio rifornito e quindi meno esposto allo shock libico, come ha notato il Financial Times.

(di Rodolfo Calò/ANSA)

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