Isole greche dell’Egeo insorgono: “Via i migranti”

MIgranti sbarcano al Pireo provenienti dall'isola di Lesbos.
Una donna alimenta il suo bimbo dopo essere sbarcata al porto di Pireo dal ferry "Nissos Samos" proveniente dall'isola di Lesbos. (ANSA- EPA/YANNIS KOLESIDIS)

ROMA. Esplode la rabbia degli abitanti delle isole greche dell’Egeo nord-orientale: a Lesbos, Samos e Chios è scattato uno sciopero contro le politiche del governo sull’immigrazione, che tengono lì migliaia migranti giunti dalla Turchia in condizioni spesso drammatiche, senza alcuna certeza sul loro futuro status, e senza trasferirli rapidamente altrove, sulla Grecia continentale.

Colpite già a partire dal 2015 da un massiccia ondata migratoria (oltre 856.000 arrivi quell’anno in Grecia, secondo l’Unhcr), le isole soffrono da anni del sovraffollamento, che ha messo in ginocchio la principale industria locale, il turismo.

Nell’ormai famigerato campo di Moria a Lesbos ci sono oltre 19.000 richiedenti asilo, in una struttura che dovrebbe ospitarne 2.840. Attorno al campo principale è sorto un accampamento “informale” dove la situazione di estremo degrado è denunciate da anni dalle ong e dall’Unhcr.

A Lesbos, riferiscono i media greci, i dimostranti (circa 3.000) hanno issato uno striscione sulla facciata del teatro municipale a Mitilini con la scritta “rivogliamo le nostre isole, ridateci le nostre vite”. Un altro diceva “Basta con le prigioni di anime umane nel nord dell’Egeo”. Molti dei responsabili del governo locale delle isole, tra cui il governatore dell’Egeo settentrionale Kostas Moutzouris, andranno domani ad Atene per presentare le loro richieste al governo. Circa 1.500 persone sono scese in strada a Samos.  Nell’isola ci sono oltre 7.200 migranti. A Chios, a fine 2019, c’erano circa 5.000 migranti.

Il ministro per le migrazioni Notis Mitarakis, che è stato a Lesbos e Samos nello scorso fine settimana, ha indicato i modi con cui l’esecutivo di Kyriakos Mitsotakis intende affrontare il problema: “Prima ci vuole una protezione efficace dei nostri confini e, secondo, rimpatriare subito coloro che non hanno diritto alla protezione internazionale”.Il governo ha però intenzione di costruire campi chiusi sulle stesse isole, per coloro in attesa di espulsione, una misura fortemente avversata dagli isolani.