Fmi taglia stime pil mondo, crescita Italia modesta

Kristalina Georgieva, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI), conclude una conferenza stampa durante una sosta nel World Economic Forum a Davos.
Kristalina Georgieva, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI), conclude una conferenza stampa durante una sosta nel World Economic Forum a Davos. (ANSA- EPA/GIAN EHRENZELLER)

NEW YORK. – Il Fondo Monetario Internazionale taglia le stime di crescita per l’economia mondiale e getta un’ombra sull’avvio dei lavori di Davos. Pur se in miglioramento rispetto a un 2019 ai minimi dalla crisi finanziaria, la ripresa mondiale non accelera quanto previsto appesantita da rischi che, seppur in diminuzione, non mollano la presa. Dai dazi alle tensioni in Medio Oriente, senza dimenticare la sfida del cambiamento climatico, il mondo mostra “segnali di stabilizzazione” ma una “svolta ancora non c’è”.

In questo contesto l’Italia non brilla. Il Belpaese chiude il 2019 sopra le attese, con un pil in crescita dello 0,2% rispetto allo zero previsto del World Economic Outlook di ottobre. Per il 2020 è prevista un’accelerazione al +0,5% (stima confermata rispetto a ottobre), per poi raggiungere un +0,7% nel 2021. Un dato quest’ultimo limato al ribasso di 0,1 punti sulle precedenti stime. Indubbiamente, osserva il Fmi, l’Italia è migliorata ma si tratta di una ripresa “molto molto modesta”. Da qui l’esigenza di portare avanti riforme per aumentare la produttività e il potenziale di crescita, e soprattutto per ridurre l’elevato debito pubblico. Agire sul “nominatore e sul denominatore del rapporto debito-pil” è importante per affrontare quelle debolezze che, in caso di cambiamento del “sentiment” di mercato, potrebbero mettere l’Italia in difficoltà.

Ad aiutare la ‘ripresina’ italiana è la politica di allentamento monetario portata avanti dalle banche centrali. Una politica che ha spinto l’economia mondiale di 0,5 punti percentuali nel 2019, e che farà lo stesso per il 2020. Grazie agli stimoli il pil del mondo è atteso salire quest’anno del 3,3% e il prossimo del 3,4% rispetto al +2,9% del 2019. Ma i dati per quest’anno e il prossimo, anche se mostrano un’accelerazione, sono stati rivisti al ribasso a causa del rallentamento di alcune economie emergenti, e soprattutto della brusca frenata dell’India. Il direttore generale del Fmi, Kristalina Georgieva, parla di ripresa “fiacca” e invita ad agire per “mettere fine” alle crescenti analogie fra il decenio che si à appena aperto e gli anni 1920, quelli che hanno preceduto la Grande Depressione.  “É essenziale un’azione comune e coordinata” dice Georgieva. “Non c’è spazio per compiacersi” rincara la dose Gita Gopinath, il capo economista del Fmi.

L’appello al multilateralismo, nella Davos dei globalisti che attende Donald Trump, riguarda soprattutto il commercio. Anche se la notizia della firma della Fase Uno dell’accordo fra Stati Uniti e Cina è una buona, resta ancora molto lavoro da fare, afferma il Fmi. Senza contare la possibilità che Trump decida di aprire un fronte di scontro con l’Europa e imporre dazi sulle auto. Tariffe che avrebbero “conseguenze” su Eurolandia, attesa crescere quest’anno dell’1,3%, leggermente meno delle attese, e il prossimo dell’1,4%.

Nel 2020 l’Europa può contare maggiormente sulla locomotiva tedesca: il pil della Germania è stimato in +1,1%, in deciso miglioramento rispetto al +0,5% del 2019, anche se 0,1 punti percentuali sotto le attese. Limate anche le stime per quest’anno degli Stati Uniti. L’Azienda America è prevista crescere del 2,0% nel 2020 (-0,1 punti) e rallentare sotto il 2%, all’1,7%, nel 2021.  Cifre ben lontane dal 3% a cui punta Trump che, sul buono stato dell’economia, si gioca buona parte della sua campagna elettorale per il 2020.

Insomma quella del Fmi è una una foto a luci e ombre dell’economia mondiale sulla quale pesano i vari fronti aperti da Trump che, nel nome dell’America First, ha aperto lo scontro commerciale con la Cina e potrebbe aprirne un altro con l’Europa. Oltre ad aver contribuito a un aumento della tensione in Medio Oriente, soprattutto con l’Iran: nel caso in cui la situazione fra Washington e Teheran peggiorasse a rischio ci sono le forniture petrolifere, la fiducia e gli investimenti, dice il Fondo. Completa il quadro incerto lo spettro del cambiamento climatico, che aleggia su una Davos che compie 50 anni e attende Trump e Greta Thundberg, le due facce della lotta al clima.

(di Serena Di Ronza/ANSA)