Trump, pronti a negoziati seri con l’Iran. Gelo Teheran

Un missile balistico terra-terra lanciato da Iran contra basi americane in Irak. (Clarin)

WASHINGTON. – Donald Trump formalizza la sua apertura all’Iran dopo aver vinto per ora l’azzardata scommessa di uccidere Qassem Soleimani uscendo indenne dalla rappresaglia di Teheran, anche se oggi la Camera vota una risoluzione per limitare i suoi poteri di guerra.

Lo stesso tycoon è tornato oggi sull’uccisione di Soleimani sostenendo che nel mirino del generale iraniano c’era tra l’altro l’ambasciata Usa a Baghdad, ricordando il recente assalto alla sede diplomatica americana nella capitale irachena ed evocando l’attacco nel 2012 al consolato Usa a Bengasi, in cui furono uccisi quattro americani, incluso l’ambasciatore in Libia.

“Le milizie avrebbero potuto prendere ostaggi o uccidere persone se non avessimo agito rapidamente”, ha detto Trump, definendo quanto fatto a Baghdad “l’anti Bengasi”.

Gli Usa tuttavia sono ora “pronti ad impegnarsi senza precondizioni in negoziati seri”, ha scritto l’ambasciatrice americana all’Onu Kelly Craft in una lettera inviata al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L’obiettivo di Washington è “prevenire ulteriori rischi per la pace e la sicurezza internazionali o l’escalation da parte del regime iraniano”, si spiega nella missiva, in cui l’eliminazione di Soleimani è giustificata come un atto di autodifesa.

Trump aveva già proposto ieri ai firmatari dell’accordo sul nucleare di uscirne come hanno fatto gli Usa per rinegoziarne un altro insieme a Teheran, che garantisca la pace e la prosperità di quel Paese. Ma le prime reazioni sono state gelide.

L’ambasciatore iraniano all’Onu Majid Takht Ravanchi ha definito “incredibile” il fatto che gli Usa offrano colloqui mentre rafforzano ulteriormente le sanzioni, che come ha annunciato oggi Trump “sono già pronte e saranno durissime”. Ravanchi ha inoltre ribadito quella che è sempre stata un’altra condizione di Teheran per tornare al tavolo: “I negoziati sono possibili solo se gli Usa rientrano nell’accordo”.

L’intesa è stata difesa anche dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che oggi ha telefonato al presidente iraniano Hassan Rohani (come ha fatto il premier Giuseppe Conte): “L’accordo sul nucleare iraniano di certo non è un’intesa perfetta, ma è un canale di comunicazione importante”.

Gli ha fatto eco lo stesso Rohani, sostenendo che è “vitale per Teheran che l’Europa, la Cina e la Russia giochino un ruolo importante nel preservare l’accordo”. Ravanchi ha comunque assicurato che Teheran “non cerca una escalation o una guerra” dopo gli attacchi missilistici (senza vittime) ieri a due basi Usa in Iraq, definiti una “risposta misurata e proporzionale” di auto difesa.

In questa tregua per ora senza sbocchi diplomatici si alternano le minacce del comandante delle forze aeree dei pasdaran Amir Ali Hajizadeh (“i raid sono l’inizio di un’operazione che continuerà”) e gli appelli alla de-escalation, come quello del leader sciita iracheno Moqtada Sadr, che ha invitato i miliziani filo-iraniani a tenere un atteggiamento “paziente” e a non “avviare azioni armate” contro obiettivi americani in Iraq.

Intanto la Camera, controllata dai dem, vota oggi una risoluzione per impedire qualsiasi azione contro l’Iran senza l’autorizzazione del Congresso, riaprendo l’annoso dibattito sui poteri militari del presidente, cresciuti in modo controverso dopo l’11 settembre e l’invasione dell’Iraq nel 2003.

“L’amministrazione Trump non ha reso più sicuro il Paese uccidendo Soleimani con un attacco sproporzionato e provocatorio senza consultare il Congresso”, ha accusato la speaker della Camera Nancy Pelosi, ribadendo che le preoccupazioni dei democratici non sono state fugate dall’insufficiente notifica della Casa Bianca a Capitol Hill e dal successivo briefing dell’intelligence. La risoluzione appare però in bilico al Senato, dove i repubblicani sono allineati con Trump, anche se ci sono già due di loro pronti a sostenerla.

Resta inoltre lo stallo sull’impeachment: nonostante le pressioni anche di vari senatori dem, la Pelosi ha annunciato che potrebbe inviare gli articoli “presto” al Senato per il processo ma non si è impegnata su una data, ribadendo la necessità di un “processo con nuovi testi e documenti”.

Trump intanto si consola con i nuovi record di Wall Street, tornata a volare dopo la de-escalation con l’Iran, e con i fondi del Pentagono per il muro col Messico sbloccati da una corte d’appello.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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