ROMA. – Sul dossier libico il rischio è di restare il palo, perdere terreno, senza più avere lo spazio per riguadagnarlo. E’ su questa base che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha riavviato in queste ore la sua tela diplomatica con i principali partner dell’Italia.
Partner europei e non, con cui Palazzo Chigi, attraverso i canali diplomatici, torna a confrontarsi tenendo ben salda la barra della “soluzione politica” come unica possibile per la Libia. Il premier si muove parallelamente e in coordinamento con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, l’uomo in trincea in questo giorni per il governo italiano sui dossier internazionali.
Nel frattempo, Conte si prepara alla ripartenza dell’attività governativa, dilazionando – ma non troppo – i principali nodi della maggioranza. L’agenda di gennaio del premier è destinata ad essere mutuata sulle crisi in Iraq e in Libia. Secondo fonti di governo è probabile che verso la metà del mese Conte si muova per alcune visite nei Paesi del Golfo. Non sarà un vero e proprio tour ma il premier potrebbe fare più tappe nell’area. In quali Paesi ancora non è noto.
Di certo il presidente del Consiglio ha sentito lo sceicco Mohamed bin Zayed al Nahyan, principe ereditario di un alleato solido dell’Italia (e sponsor di Haftar in Libia) come gli Emirati Arabi Uniti. L’obiettivo è riprendere quell’azione politico-diplomatica che permetta all’Italia di avere di non essere tagliata fuori dallo scacchiere libico.
L’arrivo di Conte in quell’area potrebbe peraltro precedere – o anche succedere di poco – la visita ufficiale del presidente Sergio Mattarella in Qatar, prevista dal 20 al 22 gennaio, e subito dopo in Israele.
Nelle stesse ore in cui Di Maio arriva in Turchia per Palazzo Chigi si registra “un’intensa attività diplomatica”. “Stiamo facendo quello che bisogna fare”, spiega una fonte italiana vicina al dossier libico. Con una stella polare: tornare a ritagliarsi quel ruolo da mediatore che, solo nel novembre del 2018, aveva portato a Palermo sia Fayez al Sarraj che il generale Haftar.
I nodi interni, tuttavia, non sono stati lasciati da parte. Anche perché, in occasione dei saluti di Natale Mattarella aveva manifestato a Conte la sua attenzione sulla necessità di accelerare sui provvedimenti concreti, senza tergiversazioni.
E contatti tra Palazzo Chigi e il Quirinale potrebbero esserci anche nelle prossime ore tanto che rumors della maggioranza non escludono un faccia a faccia. Anche perché, al di là della verifica di governo, che non avverrà prima delle Regionali, le questioni da dirimere sono diverse.
Il 9 al summit sulla prescrizione il Pd arriverà ponendo due questioni: che ci sia un ddl organico sulla riforma del processo penale, con tempi certi e più rapidi e che la riforma Bonafede sulla prescrizione non resti così com’è. “Il M5S deve scendere a un compromesso”, avverte Nicola Zingaretti sottolineando, al tempo stesso, “l’utilità” del vertice pre-Epifania con Di Maio: “abbiamo parlato della necessità di una fase nuova del governo, per riaccendere i motori dell’economia”.
Il governo ripartirà inoltre dal decreto “Cantiere Taranto” – che si annuncia più corposo del previsto – e dal nodo Autostrade, che rischia di portare al corto circuito tra M5S e Iv sul Milleproroghe. E il rischio è che, in attesa del 26 gennaio, si continui con la guerra tra alleati. Già domani Iv potrebbe chiedere che Di Maio riferisca sulla questione delle sanzioni alla Russia, di cui il ministro, secondo quanto raccontato da Franco Frattini, avrebbe chiesto una revisione all’Ue. “Non può decidere senza il Parlamento”, protesta il capogruppo renziano Davide Faraone.
(di Michele Esposito/ANSA)