ROMA. – La moda del decennio appena concluso, dagli anni 2010 a ora, verrà ricordata per tre grandi rivoluzioni legate indissolubilmente ai cambiamenti nella società contemporanea. Il primo è lo sdoganamento delle sneakers da scarpe sportive tout court a calzature per ogni occasione, anche elegante.
Una rivoluzione sancita nientemeno che da Karl Lagerfeld, il grande couturier scomparso nel febbraio 2019, con la collezione di haute couture disegnata per Chanel nel 2014, dove inserì a sorpresa e destando sconcerto tra i puristi dell’alta moda, sneakers preziose, ricche di fiori e di ricami, glitterate e argentate, messe sotto ai tailleur perfetti, ai completi con pantaloni aderenti e corti come tute da jogging, ai tubini da cocktail e perfino sotto ai lunghi abiti da sera in pizzo bianco e nero.
Il visionario Lagerfeld aveva capito che doveva catturare il gradimento del pubblico femminile più giovane già a metà anni ’90 quando aveva proposto alle più giovani fans di Chanel, le scarpe da ginnastica anche con gli abiti da sera.
La seconda rivoluzione del decennio riguarda la presa di coscienza delle griffe sulla situazione dell’ambiente con la conseguente volontà di porre fine al degrado generato da una produzione incontrollata e poco rispettosa della natura, scegliendo il riciclo di plastiche e materiali di scarto, la produzione organica di cotone e di altri materiali naturali. Infine, l’abbandono graduale anche da parte d’ importanti nomi del fashion system di una moda crudele che utilizzava gli animali da pelliccia e i piumati soltanto per soddisfare la vanità femminile e la voglia di profitto delle aziende.
Da qui le nuove frontiere del denim, che diventa tendenza eco-sostenibile anche nella versione couture e il boom delle fur free, dette eco-pellicce e dei piumini ‘vegani’, cioè imbottiti con materiali non animali. Hanno sposato il concetto di fur free Gucci, Versace e Miuccia Prada che dopo aver rinunciato alle pellicce ha lanciato le borse in nylon riciclato. Poi c’è Sara Cavazzi Facchini che con Genny ha già cominciato un percorso di moda green dal 2015.
Tornando al denim Tru Blu è ad esempio il nome della capsule green del marchio britannico Pepe Jeans London, che abbraccia l’idea di un processo produttivo per collezioni che includano capi e accessori realizzati con fibre tratte da materiali riciclati. La capsule è un total look per adulti e bambini, composto da giacche, jeans, T-shirt, felpe, sneakers in tela e borse, realizzati con tessuti recuperati e contraddistinte dallo slogan “Be Life” e in colori naturali.
Da Stella McCartney, pioniera della moda conscious con la sua borsa Falabella in eco-pelle, il denim organico viene proposto sotto forma di tuta e i pantaloni palazzo sono rifiniti con un motivo tie-dye grafico nella colorazione blu oceano.
Infine, è inevitabile tracciare un parallelo con la moda degli anni Venti del secolo scorso, quella legata alla “rinascita” dopo la Prima Guerra Mondiale. Il periodo compreso tra il 1910 e il 1919 erano i cosiddetti Anni Ruggenti, un momento storico in cui si cercava di ricostruire una società decimata dalla guerra e un periodo in cui le donne cominciavano a imporsi in ruoli diversi da quelli di madre e moglie, abbandonando come prima cosa i corsetti e le sottane lunghe.
Ben presto quella divenne l’epoca delle flapper girls: capelli corti tagliati alla ‘maschietta’, abiti alla garconne, cappelli a cloche. Grazie a Coco Chanel comparvero i primi pantaloni, gli abiti in jersey, la petite robe noire, ovvero il tubino nero entrato nel mito, i profumi Chanel N.5 e N.22.
(di Patrizia Vacalebri/ANSA)