ROMA. – Diplomazia febbrilmente al lavoro per scongiurare l’escalation militare in Libia mentre il Paese fa i conti con altri civili uccisi nel conflitto. Ma Recep Tayyp Erdogan mostra i muscoli e annuncia per gennaio un voto nel Parlamento di Ankara per dare il via libera all’intervento turco in Libia, a sostegno del governo di unità nazionale contro le forze del maresciallo Khalifa Haftar.
“Stanno aiutando un signore della guerra, noi rispondiamo a un invito del governo legittimo libico, questa è la differenza”, ha detto Erdogan di fronte alle critiche della comunità internazionale. “Andiamo dove ci invitano, non dove non siamo invitati”, ha aggiunto poi il Sultano riferendosi ai Paesi stranieri che appoggiano Haftar.
Immediata la reazione del principale attore internazionale che tenta la mediazione per il cessate il fuoco, ovvero l’Italia. Dopo i colloqui dei giorni scorsi del ministro degli Esteri Luigi Di Maio con gli omologhi americano, turco e russo, è stato il premier Giuseppe Conte a scendere in campo in prima persona.
Il presidente del Consiglio ha avuto prima una lunga conversazione telefonica con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi (nella quale si è parlato anche di Regeni), poi con il leader russo Vladimir Putin, ovvero i due principali sostenitori di Haftar insieme agli Emirati Arabi e all’Arabia Saudita.
Con Putin c’è stata “una lunga e articolata conversazione”, riferisce una nota di Palazzo Chigi, incentrata sulle crisi ucraina, siriana e soprattutto libica. “Su quest’ultimo dossier – si sottolinea – i due presidenti si sono ripromessi un aggiornamento costante in considerazione dell’importanza strategica che la Libia riveste per gli interessi anche italiani”. Mentre il Cremlino ha parlato di intesa tra i due su una “soluzione pacifica” della crisi.
L’obiettivo della comunità internazionale è quello di far sedere le parti al tavolo della Conferenza di Berlino, prevista per metà gennaio, e poi, seguendo la road map tracciata dall’Onu, un vero e proprio summit tra le parti libiche a Ginevra. Se il programma verrà rispettato, l’incontro di Berlino – che Erdogan vuole sia aperto anche a Tunisia, Algeria e Qatar – arriverà dopo il voto al Parlamento di Ankara sull’intervento, che potrebbe essere messo in agenda già il 9 gennaio.
In questo stesso periodo poi si dovrebbe celebrare l’atteso bilaterale tra Russia e Turchia. Ufficialmente Erdogan e Putin si incontreranno per inaugurare il lancio del gasdotto TurkStream, previsto nei primi giorni dell’anno, ma appare evidente che sarà l’occasione tra i due per fare il punto sia sul dossier siriano che su quello libico, dove sono schierati su fronti opposti.
Il tempo stringe. Il Guardian ha rivelato che una nuova ondata di mercenari è arrivata in Libia per combattere a fianco di Haftar contro le forze di Tripoli. Il quotidiano cita i capi di due formazioni sudanesi: “Molti giovani stanno arrivando e abbiamo vari problemi logistici”, afferma uno dei comandanti, secondo il quale ci sono già “almeno 3.000” sudanesi che combattono al libro paga di Haftar.
E la guerra non risparmia i civili: le forze militari di Tripoli hanno denunciato nelle ultime 24 ore tre raid aerei su Zawiya, che hanno colpito una farmacia e negozi commerciali nella città, non centrando un comando militare che sarebbe stato il vero obiettivo. Tre i morti e 10 i feriti, “tra loro anche donne e bambini”. Un altro raid ha colpito il porto nei pressi della raffineria della città, la più importante dell’ovest libico e ora obiettivo strategico della guerra.
(di Claudio Accogli/ANSA)