“Crimini di guerra nei Territori”, Cpi apre un’inchiesta

Donne palestinesi scappano per strada durante un attaco israeliano. (asianews.it)

TEL AVIV. – La Corte penale internazionale (Cpi) e Israele ai ferri corti, in un confronto che rischia di innescare esiti imprevedibili sul piano legale. Il procuratore della Cpi all’Aja, la gambiana Fatou Bensouda, ha stabilito infatti che sussistono “basi” sufficienti per indagare su presunti crimini di guerra avvenuti nei Territori, Gaza compresa.

“Sono convinta – ha detto a cinque anni dal primo ricorso presentato dai palestinesi – che vi sia una base ragionevole per avviare un’indagine sulla situazione in Palestina ai sensi dell’articolo 53-1 dello Statuto. In sintesi, sono convinta che crimini di guerra siano stati o siano commessi in Cisgiordania, in particolare a Gerusalemme est en ella Striscia di Gaza”.

Una tesi immediatamente rigettata da Israele, che non fa parte della Corte. La Cpi, ha risposto l’avvocato generale dello Stato, Avichai Mandelblit, non ha “giurisdizione” sulla Cisgiordania, su Gerusalemme est o su Gaza. “Da molti anni – ha spiegato – l’ufficio del Procuratore all’Aja ha condotto esami preliminari su richieste dei palestinesi. La posizione legale di Israele è che la Corte manchi di giurisdizione nelle relazioni con Israele e che nessuna azione palestinese nei suoi confronti sia legalmente valida”.

Il punto impugnato da Israele – Netanyahu ha parlato di “un giorno nero per la verità e la giustizia” – si basa sulla richiesta alla Corte inoltrata dallo stesso procuratore: quale sia “il territorio” sul quale “la Corte può esercitare la sua giurisdizione e che può essere oggetto di un’indagine, in particolare se includa la Cisgiordania, Gerusalemme est, e Gaza”.

I palestinesi ritengono che in base alla loro adesione allo Statuto di Roma sulla Cpi sia fuori discussione la potestà di giurisdizione della Corte stessa. Gli israeliani invece, come ha detto Netanyahu, ritengono che la Cpi abbia potere di intervento “solo sulle petizioni proposte da Stati sovrani. Ma qui non c’è uno Stato palestinese”.

Inoltre, ha spiegato ancora l’avvocato dello Stato Mandelblit, Israele “ha validi diritti legali sullo stesso territorio”. “Ricorrendo alla Cpi – ha detto Mandelblit – i palestinesi stanno cercando di infrangere l’intesa concordata tra le parti e di spingere la Corte a determinare temi politici che dovrebbero essere risolti attraverso il negoziato e non attraverso procedimenti giudiziari”.

Al contrario l’Olp ha salutato la decisione di Bensouda definendola “un passo positivo e incoraggiante”. Una mossa, ha sottolineato Saeb Erekat, segretario dell’organizzazione, che pone le basi per mettere “fine all’impunità per gli autori di crimini”. Secondo Erekat, che ha ricordato l’adesione palestinese allo Statuto di Roma, la Cpi ha affermato “la sua giurisdizione per prendere in esame i crimini commessi dalle forze di occupazione israeliane in Palestina, tuttora in corso”.

La decisione della Corte di oggi – se sarà confermata nella parte che riguarda la sua potestà di giurisdizione sui Territori palestinesi – è destinata ad avere grandi ripercussioni in futuro: non ultima, come hanno ricordato i media israeliani, l’eventualità che siano incriminati i militari se saranno provati i crimini di guerra. Ma lo stesso vale anche per Hamas, chiamato in causa da Bensouda per gli stessi motivi.

La Corte è diventata “uno strumento politico nelle mani dei palestinesi per la loro lotta contro l’esistenza dello Stato di Israele e il suo diritto all’autodifesa”, ha denunciato in serata il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz.

(di Massimo Lomonaco/ANSAmed)

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