ROMA. – M5s gonfia i muscoli in vista del referendum sul taglio dei parlamentari, e con Luigi Di Maio annuncia di essere pronto a rispolverare la retorica anti-casta che ha dato il successo al Movimento. Uno scenario inviso al Pd, che rimbrotta i propri sette senatori che hanno firmato la richiesta di referendum.
A preoccupare è però il referendum elettorale della Lega, sui cui la Corte si pronuncerà il 15 gennaio, e per il quale Roberto Calderoli ha escogitato un nuovo marchingegno per renderlo ammissibile. Se infatti la Corte darà il via libera al quesito per il maggioritario, il dibattito sulla legge elettorale – che ha visto oggi il primo confronto tra maggioranza e opposizione – assumerebbe una nuova piega.
“Noi non vediamo l’ora di iniziare la campagna referendaria – ha detto Di Maio – per confermare il taglio dei parlamentari. Significa che l’Italia, dopo decenni di inutili tentativi, sarebbe finalmente riuscita a ridurre il suo enorme numero di parlamentari, con 345 poltrone in meno da sfamare”.
E il sottosegretario Riccardo Fraccaro, di fronte al fatto che il referendum sia stato chiesto non da 500.000 cittadini, ma da 64 senatori, ha parlato di “vecchia politica”; “il taglio dei parlamentari è un risultato al quale si è arrivati proprio per contrastare logiche di questo tipo”.
Imbarazzato il Pd che in Parlamento per tre volte ha votato “no” e nell’ultima ha votato sì per far nascere il Conte 2. “E’ stato poco sensato promuovere un referendum dall’esito ovviamente scontato” ha osservato Stefano Ceccanti, mentre Maurizio Martina ha detto che la richiesta “oggettivamente presta solo il fianco a strumentalizzazioni dannose”.
Anche nella Lega c’è da chiarirsi le idee: Matteo Salvini preannuncia il suo sì, ma Gianmarco Centinaio ha espresso la “perplessità” propria e di altri dirigenti della leghisti. Silvio Berlusconi invece promuove i suoi 41 senatori che hanno firmato la richiesta. Il referendum, a suo giudizio, accelererà la corsa alle urne.
Visione che al momento non trova riscontri dato che tutti i gruppi di maggioranza, gli unici che possono far finire la legislatura, intendono portarla avanti. Smentite anche le voci di un Pd che avrebbe chiesto ai suoi sette senatori di ritirare le firme. Farebbe far loro un figura barbina.
A preoccupare semmai è il referendum elettorale della Lega che elimina dal Rosatellum la parte proporzionale, lasciando solo i collegi uninominali. Per renderlo ammissibile dalla Corte Calderoli ha predisposto un complicato marchingegno giuridico che passa per il sollevamento di un conflitto di attribuzione verso il Parlamento da parte dei sette Consigli regionali che hanno promosso il referendum.
Se la Consulta ammettesse il referendum, il dibattito sulla legge elettorale, oggi incentrato su due ipotesi di modelli proporzionali, diverrebbe una maionese impazzita. Curiosamente negli incontri che la maggioranza ha oggi tenuto con le opposizioni sulla legge elettorale, la Lega ha dato la disponibilità a discutere sul proporzionale.
Ma che vuol fare la Lega? Hanno domandato vari forzisti; “non mi sembra che Salvini abbia le idee chiare”, commenta Berlusconi. Intanto Fdi con Ignazio La Russa ha annunciato di voler “scatenare l’inferno” se M5s, Pd, Leu e Iv punteranno sul proporzionale.
La maggioranza è ancora bloccata, con veti incrociati sul sistema con soglia nazionale al 5% e sul sistema spagnolo. Giuseppe Brescia (M5s) ha però annunciato che a gennaio un ddl sarà comunque presentato in Parlamento. Non c’è fretta di approvarlo, ma se la situazione dovesse precipitare occorre un testo eventualmente anche da modificare e approvare in poche settimane.
(di Giovanni Innamorati/ANSA)