Fattura energia cala con prezzi e consumi, pesa ex Ilva

Una bolletta della luce. (firenzepost.it)

ROMA. – Il cambiamento climatico e il rallentamento economico mettono il mondo in allarme ma, almeno sul piano energetico, fanno risparmiare il sistema Italia.

La fattura energetica, vale a dire quello che il Paese spende per approvvigionarsi di energia all’estero, nel 2019 si attesterà infatti a 39,6 miliardi di euro, 3,2 miliardi in meno (-7,4%) rispetto al 2018, proprio a causa della flessione delle quotazioni delle diverse fonti e del calo dei consumi.

É la stima dell’Unione petrolifera contenuta nel Preconsutivo, che indica per il 2020 una forchetta tra 40 e 42 miliardi. La fattura petrolifera, invece, nel 2019 sarà pari a 22,3 miliardi (-1,1%) e nel 2020 tra 22 e 24 miliardi.

A incidere sul calo della fattura sono quindi i consumi, che nel 2019 si stimano pari a 161 milioni di Tep (tonnellate equivalenti di petrolio), con una riduzione dell’1,2% rispetto al 2018. La contrazione, secondo l’Up, è “da attribuire non solo a cause di natura climatica, con temperature più miti rispetto allo scorso anno, ma soprattutto al contesto economico in stagnazione che ha rallentato le attività industriali, in particolare quelle energy intensive”, vale a dire, nello specifico, l’ex Ilva.

Il gas, unica fonte in crescita con un aumento di circa il 4%, si conferma la prima fonte di energía nel Paese con un peso del 38,5%, sostenuto sostanzialmente dal recupero della produzione termoelettrica dovuto alla contrazione delle importazioni nette di energia elettrica (-13,9%), che hanno risentito dell’indisponibilità del nucleare in Francia. In forte calo sono invece i combustibili solidi (-30%), mentre le rinnovabili sono in sostanziale stallo.

Il petrolio, infine, si conferma la seconda fonte con un peso di poco superiore al 36% (-0,7%). Guardando alla bolletta petrolifera si registra invece una riduzione minima rispetto allo scorso anno, di appena 260 milioni di euro (-1,1%): le importazioni sono aumentate dell’1,3% e la produzione nazionale è precipitata del 10,5%, scendendo a 4,2 milioni di tonnellate, a causa della nuova normativa sulle trivelle.

Se la produzione nazionale fosse stata analoga a quella dello scorso anno, il risparmio per il sistema Italia sarebbe stato ancora più consistente e pari a circa il doppio (500 milioni di euro).

Le cose non dovrebbero cambiare di molto nel 2020, quando il prezzo del petrolio si dovrebbe mantenersi all’interno della forchetta tra 65 e 70 dollari al barile. La domanda petrolífera mondiale, nell’anno che si sta chiudendo, è stimata in media a 100,3 milioni di barili al giorno (+1%), grazie soprattutto ai paesi non Ocse, ed è perfettamente allineata all’offerta (sempre 100,3 milioni di barili, in crescita dello 0,01%): sono stati quindi evitati i surplus produttivi più o meno consistente caratteristici degli ultimi anni.

Guardando ai diversi Paesi, si rafforza il ritmo degli Usa, che si confermano primo produttore e stabiliscono anche un nuovo record, divenendo alla fine dell’anno, per la prima volta dopo 70 anni, esportatori netti.

(di Francesca Paggio/ANSA)

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