Erdogan insiste: “Pronto a inviare le truppe in Libia”

Carri armati dell'esercito nazionale libico. (Clarin)

ISTANBUL. – “Daremo un’ulteriore accelerazione al processo turco-libico. Se ci sarà bisogno, siamo pronti a dare il nostro supporto in qualsiasi momento”. Mentre in Libia continuano gli scontri, Recep Tayyip Erdogan scalda i motori per il possibile invio di truppe a sostegno del governo di accordo nazionale (Gna) di Fayez al-Sarraj e delle milizie islamiste che lo appoggiano.

Mentre il Parlamento di Ankara si prepara a ratificare l’accordo di cooperazione militare con Tripoli, il presidente turco ribadisce le sue ambizioni interventiste nel Mediterraneo.

Il generale Khalifa Haftar “non è riconosciuto a livello internazionale”, ha insistito prima di lasciare il Forum mondiale sui rifugiati di Ginevra per un altro summit in Malesia con i leader del mondo musulmano.

Ma le trattative su un eventuale coinvolgimento diretto dell’esercito turco saranno a Mosca. Ieri il Sultano ha concordato con Vladimir Putin l’invio di una delegazione di negoziatori di alto livello per cercare un punto d’incontro in un conflitto in cui, come in Siria, i due leader partono da fronti opposti.

Ma anche in questo caso Erdogan si è detto fiducioso su un’intesa, da suggellare magari nel faccia a faccia previsto tra venti giorni a Istanbul per il lancio del gasdotto Turkish Stream.

Il suo attivismo nello scacchiere mediterraneo non si ferma però in Nordafrica. L’altro capitolo dell’intesa con Sarraj prevede la controversa demarcazione dei confini marittimi, che ha riacceso lo scontro con Cipro e la Grecia. Una partita il cui premio sono le ricchissime riserve di idrocarburi al largo dell’isola, in cui sono coinvolte in prima fila anche Italia e Francia per le licenze di esplorazione affidate alla copia Eni-Total.

“A Sarraj ho espresso le forti riserve italiane per l’accordo sottoscritto dalla Libia con la Turchia sul tema della sicurezza e dei confini marittimi”, ha spiegato di ritorno da Tripoli il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in un question time alla Camera, sottolineando che questo memorandum d’intesa “complica uno scenario già complesso” in cui l’Italia vuole riprendere “un ruolo primario” anche attraverso i contatti con gli attori coinvolti, come “Usa, Russia e Turchia”.

A tutte le parti, Roma ha chiesto una “immediata de-escalation” in vista della conferenza di Berlino.

Ma Ankara non arretra. “Potremmo aumentare il numero dei droni schierati a Cipro nord”, dove ci sono più di 30 mila soldati turchi, ha inoltre avvertito Erdogan, dopo che ieri il Congresso americano ha approvato la revoca dell’embargo di armi a Nicosia, in vigore dal 1987.

Avvertendo sui rischi di una “pericolosa escalation”, la Turchia ha diffidato gli Usa anche dall’andare fino in fondo con le sanzioni per i missili russi S-400. “Sappiamo bene quando agire con moderazione e quando essere determinati. Se serve – ha minacciato nuovamente il Sultano – possiamo chiudere una o entrambe” le basi militari americane di Incirlik e Kurecik, strategiche per le operazioni anti-Isis.

(di Cristoforo Spinella/ANSA)