Si compatta fronte anti-Haftar, 9 città con Tripoli

Una pattuglia di miliziani dell' Esecito nazionale libico del general Haftar. (Panorama)

IL CAIRO. – La doppia missione a Tripoli e Bengasi del ministro degli Esteri Luigi di Maio si è svolta mentre dal terreno giungevano segnali di preparazione per un conflitto ancora più aspro e dal Cairo un monito alla Turchia a non illudersi di poter controllare il Paese confinante con l’Egitto.

Otto città dell’ovest e del centro della Libia, in linea con quanto fatto lunedì dalla potente Misurata, hanno annunciato la “mobilitazione generale di tutte le forze” per vincere la guerra contro il generale Khalifa Haftar che dall’aprile scorso tenta di conquistare Tripoli e giovedì ha annunciato lo scoccare dell’ “ora zero” della “battaglia decisiva”.

Si tratta di Zliten, Khoms, Msallata, Zawiya, Zintan, Kabaw, Rahaibat e Jamil, la cui mobilitazione dovrebbe servire a “lanciare una grande operazione”.

Tamburi di guerra, insomma, con la previsione che dovrà scorrere molto sangue: un “piano di emergenza” per i centri medici di Tripoli è stato annunciato infatti dal ministero della Sanità precisando che la misura “punta ad aumentare la capacità degli ospedali” in relazione all’attacco di Haftar.

Oggi lo schieramento governativo che appoggia il premier Fayez al-Sarraj ha ammesso di aver avuto un morto e tre feriti per un attacco con droni contro una pattuglia a Sirte. Si trata della città sull’omonimo golfo che il generale, almeno secondo i suoi avversari, vorrebbe trasformare in un hub per i suoi mercenari (ufficialmente “milizie ausiliarie”, stimate in 18 mila uomini).

Uno dei maggiori sponsor di Haftar è il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi che, dopo le intese fra Tripoli e Ankara, ha messo in guardia: “Non autorizzeremo nessuno a credere che possa controllare la Libia”, Paese confinante con l’Egitto e al “centro” della sua “sicurezza nazionale”.

Sisi ha anche marcato il proprio distacco dall’Onu che riconosce il governo di Sarraj ma che il leader egiziano ha definito “uno Stato delle milizie o delle formazioni armate, terroriste ed estremiste”, ribadendo che il Cairo non rinuncerà all’Esercito nazionale libico guidato dal maresciallo di campo Khalifa Haftar.

Fra i pochi segnali distensivi è risaltata la telefonata in cui il presidente russo Vladimir Putin e quello turco Recep Tayyip Erdogan “hanno sottolineato la loro disponibilità ad aiutare la creazione di contatti” tra le parti belligeranti in Libia.

(di Rodolfo Calò/ANSA)

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