Johnson blinda la Brexit,la transizione finirà nel 2020

Boris Johnson durante il suo intervento nella inaugurazione della Camera dei Comuni
Boris Johnson durante il suo intervento nella inaugurazione della Camera dei Comuni. (eunews.it)

LONDRA. – Una Brexit blindata, senza più “stallo, divisioni” e soprattutto senza altri “rinvii”. La musica di Boris Johnson non cambia, ma cambia eccome l’orchestra in una Camera dei Comuni profondamente rinnovata a sua immagine e somiglianza dopo il trionfo elettorale del 12 dicembre.

Un consesso dove ora il primo ministro Tory può contare su una maggioranza di ferro e dove venerdì il suo governo riproporrà l’avvio dell’iter della legge di ratifica dell’accordo sul recesso dall’Ue raggiunto con Bruxelles (Withdrawal Bill) con una novità fondamentale: un emendamento che, se approvato, vieterà qualunque proroga della transizione post divorzio, e dello status quo, oltre la scadenza fissata di fine 2020.

L’annuncio dell’introduzione di questa clausola tranchant – destinata a ridurre a 11 mesi lo spazio per negoziare con i 27 una successiva, complessa intesa sulle relazioni future, a iniziare dall’obiettivo di un trattato di libero scambio – è arrivato nel giorno in cui il Parlamento di Westminster ha inaugurato secondo la sua pomposa tradizione cerimoniale la nuova legislatura.

Con la conferma sullo scranno di speaker della Camera dei Comuni del laburista Lindsay Hoyle, acclamato senza oppositori dopo essere stato eletto in coda alla legislatura precedente sulla scia delle dimissioni del conservatore controcorrente John Bercow, alias “mister order”. E poi con il giuramento del premier, del leader (dimissionario) dell’opposizione laburista Jeremy Corbyn, del governo, del governo ombra e di tutti i deputati di prima nomina.

Procedura che occuperà tutta la giornata di domani, per lasciar posto giovedì al Queen’s Speech e infine, da venerdì, subito prima della pausa natalizia, alla ripresa del cammino verso la Brexit.

Cammino che Johnson vuole spedito. Questo Parlamento, ha esordito in aula, è assai “più democratico” del precedente, “uno dei migliori che il Paese abbia mai prodotto” con un record di deputati donne ed espressione di minoranze etniche. Ma a questo punto, ha incalzato, “non bisogna far perdere altro tempo alla nazione”.

Con tanto d’imbeccata ai banchi Tory a ripetere in coro lo slogan-tormentone delle elezioni: “Get Brexit done!”.

Toni cui un dimesso Corbyn, avviato al passo d’addio al vertice d’un Labour sconfitto e lacerato, si è limitato a rispondere con una sfida che sa di profezia. “Il primo ministro – ha replicato dopo essersi congratulato a denti stretti con il vincitore delle urne, in nome del fair play – ha fatto molte promesse, sarà giudicato da come saprà onorarle”.

Un monito che BoJo, più scapigliato che mai, accoglie del resto con l’abituale baldanza. Concedendosi allo show corale pure di fronte al consiglio dei ministri, incitato a lavorare “ventre a terra” per rispondere a un voto “sismico” che ha portato ampi settori della working class inglese e gallese a optare questa volta per i Tory, trasformandosi niente meno che in “un governo del popolo” sul fronte degli investimenti, della “giustizia sociale”, del superamento dell’austerità.

Prima di tutto c’è però la Brexit da portare a casa. Con la formalizzazione del divorzio ormai scontata entro il 31 gennaio e poi la corsa negoziale sulle relazioni future senza più il paracadute di un’estensione della transizione. Una possibilità che l’Ue aveva lasciato aperta fino ad altri eventuali due anni, ma a cui il premier intende rinunciare legalmente.

A costo di far calare la sterlina, di allarmare i più moderati fra i suoi stessi compagni di partito, di farsi accusare di comportamento “irresponsabile e sconsiderato” dal ministro ombra laborista Keir Starmer, di far riemergere – laddove le intese commerciali e politiche sull’avvenire non dovessero essere chiuse per fine 2020 – lo spettro di un’uscita “no deal” a scoppio ritardato il primo gennaio 2021.

Epilogo che il ministro Michael Gove esclude e che la neopresidente della commissione europea, Ursula von der Leyen – dopo aver chiamato Boris per felicitarsi – afferma di voler scongiurare negoziando nei prossimi mesi “con energia” con Londra.

Ma che solo un accordo finale sprint potrà allontanare davvero: col capo negoziatore Michel Barnier che al momento non ha altro da offrire se non l’impegno a “fare il massimo”.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)