Via libera ad accuse, Trump a un passo dall’impeachment

Alcuni manifestanti portano uno striscione a favore dell'impeachment di Trump davanti alla Torre Trump a New York. (Panorama)

WASHINGTON. – Donald Trump è a un passo dall’impeachment. Con il voto della commissione Giustizia della Camera che ha formalizzato le accuse di abuso di potere e ostruzione al Congresso, il tycoon si avvia a diventare il terzo presidente della storia americana ad essere incriminato per gravi reati contro la Costituzione.

L’atto finale la prossima settimana, quando a votare sarà l’aula della Camera a maggioranza democratica. Poi, salvo clamorose sorprese, a inizio gennaio partirà il processo davanti al Senato.

“Siamo di fronte a una farsa”, denuncia la Casa Bianca, ribadendo come tutta la vicenda dell’Ucrainagate sia una montatura politica messa in piedi dai democratici per far cadere il presidente.

Mentre Trump, pur parlando di “situazione surreale e fuori controllo” e di “vergogna nazionale”, ostenta sicurezza, giocando la carta dell’accordo con la Cina proprio nel giorno finora più drammatico della sua presidenza.

E sperando in un “effetto BoJo” per la sua rielezione del 2020, con la valanga di voti presi da Boris Johnson che potrebbe avere un impatto ben oltre i confini del Regno Unito.

“Il partito repubblicano è più unito che mai e l’approvazione nei miei confronti al suo interno è al 95%, un record!”, ha twittato il tycoon. Questo significa che nell’aula del Senato, a maggioranza repubblicana, non dovrebbero esserci sorprese. A confortarlo ci sono le parole del leader dei senatori conservatori, Mitch McConnell: “Tutti sappiamo come andrà a finire. Non c’è alcuna chance che il presidente Trump venga  rimosso dal suo incarico”.

E la compattezza del fronte repubblicano almeno per ora è emersa anche durante l’interminabile maratona di 15 ore alla commissione Giustizia della Camera, che ha approvato i due articoli che contengono le accuse a Trump con il solo sì dei democratici: nessuna defezione, insomma, tra i parlamentari del Grand Old Party.

Manca ancora un timing ufficiale per i lavori dell’aula la prossima settimana, ma l’inizio del dibattito per arrivare al voto finale dovrebbe essere calendarizzato per mercoledì 18. Per mettere il presidente formalmente in stato di accusa basta la maggioranza semplice, mentre al termine del processo in Senato la maggioranza richiesta è quella dei due terzi.

Con Trump sono quattro i presidenti della storia degli Stati Uniti per i quali all’aula della Camera è stato chiesto di votare l’impeachment. I precedenti sono quelli di Andrew Johnson nel 1868, che venne assolto, Richard Nixon nel 1974, che si dimise prima del voto, e Bill Clinton nel 1998, che fu messo in stato di accusa e fu poi assolto in Senato.

Le accuse di abuso di potere e ostruzione al Congresso sono riferite alle pressioni che Donald Trump avrebbe esercitato sull’Ucraina per convincere il neo presidente Volodymyr Zelensky ad avviare indagini sia sulle attività del figlio di Joe Biden nel Paese sia sulle presunte interferenze di Kiev nelle elezioni americane del 2016, per il tycoon volte a favorire Hillary Clinton.

Solo così, secondo l’accusa, il tycoon avrebbe permesso di sbloccare 400 miliardi di dollari di aiuti militari a Kiev e invitato Zekensky alla Casa Bianca.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)