Clima: Greta, le emergenze stanno già colpendo

Due indigeni alzano le mani sotto lo sguardo di Greta (al centro) alla Cop25 di Madrid. (El Pais)

ROMA. – “Le emergenze climatiche non sono qualcosa che avranno un impatto sul futuro, che avranno effetto sui bambini nati oggi una volta diventati adulti, hanno già effetto sulle persone che vivono oggi”.  Non si stanca di ripeterlo, Greta Thunberg, e lo ha fatto ancora alla Cop25 a Madrid.

Ormai seguita come una vera star, assediata dal circo mediatico, la sedicenne attivista svedese diventata icona mondiale della lotta al global warming, ha lanciato il primo messaggio in avvio della seconda settimana di negoziati alla Conferenza sul clima dell’Onu.

La sua pressione e quella di tanti giovani, anche dopo la marcia di 500mila persone, venerdì scorso a Madrid, è alta e si fa sentire.

Intanto stanno cominciando ad arrivare capi di Stato, ministri e ambasciatori dei 196 Paesi partecipanti e martedì e mercoledì scenderanno nel centro conferenze.

Nelle loro mani è lo sblocco dei negoziati che devono spianare la strada alla Cop26 nel 2020 a Glasgow dove si deve mettere il sigillo agli impegni climatici di ciascuno al 2030 e al 2050 per contenere le emissioni di Co2 che provocano il riscaldamento globale e quindi eventi climatici estremi.

Devono dimostrare di ascoltare il “grido” dei giovani e della gente che ha “scioperato per il clima” scendendo in strada in tutto il mondo.

In una conferenza stampa superaffollata, organizzata da Fridays for Future – il movimento globale nato sulla scia dei venerdì di sciopero dalla scuola avviati nel 2018 da Greta davanti al Parlamento svedese – la giovane attivista non ha voluto ancora una volta monopolizzare la scena.

E dopo una breve dichiarazione ha lasciato la parola a “coloro che già stanno soffrendo le conseguenze della crisi climatica”, ricordando anche gli indigeni assassinati in Brasile per proteggere la foresta amazzonica dalla deforestazione.

Per la grande quantità di persone in coda per seguire l’evento, la sala è stata chiusa e poi riaperta solo ai giornalisti. “Abbiamo il dovere di usare l’attenzione dei media per far sentire la nostra voce” ha aggiunto Greta, prima di dare la parola all’attivista tedesca e moderatrice Luisa Neubauer e ad altri ragazzi provenienti da varie parti del mondo, dall’Uganda al Cile.

“Io e Luisa non parleremo oggi, siamo privilegiate – ha aggiunto – perchè le nostre storie sono state già dette. Devono essere ascoltate le storie degli altri, soprattutto del sud del mondo e delle comunità indigene”.

Il primo a prendere la parola dopo Greta è stato un ragazzo proveniente dalle isole Marshall, alle prese con l’innalzamento del mare. “Ci hanno detto che per resistere dobbiamo adattarci, andare più in alto – ha affermato – o che una soluzione che abbiamo è emigrare”.

Poi altri interventi hanno visto alternarsi ragazzi dalle Filippine agli Usa al Cile. Un attivista russo ha ricordato come nel proprio paese sono state arrestate delle persone per aver partecipato alle proteste sul clima.

Tra gli speaker anche una ragazza nativa americana, che ha ricordato le lotte in corso contro lo sfruttamento dei territori contro il volere degli indigeni.

Il messaggio di tutti ai politici è stato la richiesta di avere più visibilità. “Chiediamo di essere ascoltati, perché nessuno più di noi sperimenta sulla propria pelle i danni dai cambiamenti climatici”, ha ricordato ad esempio un’attivista dall’Uganda, Hilda Flavia Nakabuye, che ha parlato della questione ambientale come “una nuova forma di razzismo”.

L’Africa, ha osservato, “quasi non emette nulla” di gas serra “ma siamo quelli che soffrono di più”.

Terminata la prima settimana di negoziati tecnici fra gli sherpa, ora scende in campo la politica che deve prendere le redini di questioni ancora controverse, dai mercati di carbonio con lo scambio di emissioni gas serra ai finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo.

(di Stefania De Francesco/ANSA)