Pochi asili, genitori si dimettono per stare con i figli

Un papà porta a scuola la figlia per mano.
Un papà porta a scuola la figlia per mano.

ROMA. – Con pochi asili nido, o quanto meno con pochi asili a costi accessibili, senza il sostegno di altri parenti e con baby sitter il cui stipendio pesa inevitabilmente sul bilancio familiare, molti genitori decidono sempre più spesso di lasciare il lavoro per prendersi cura dei figli in prima persona.

Secondo l’Uecoop, l’Unione europea delle cooperative, i dati dell’Ispettorato del lavoro dimostrano come un genitore su tre tra quelli che si licenziano lo fa proprio per motivi familiari legati ai bambini.

I ritmi quotidiani, gli impegni, la mancanza di tempo extra lavorativo e l’incertezza sul futuro stanno allargando l’area dei bisogni delle famiglie, spiega Uecoop, con oltre 49mila papà e mamme che nel 2018 hanno deciso di dare le dimissioni in primo luogo per l’assenza di parenti di supporto (27%), ma anche per l’elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato fra asilo e baby sitter (7%) se non proprio per il mancato accoglimento dei figli al nido (2%).

Negli asili nido italiani, insiste l’associazione, c’è posto solo per 1 bambino su 4, il 24% di quelli fino a tre anni d’età, contro il parametro del 33% fissato dalla Ue come minimo per poter conciliare vita familiare e professionale.

Non a caso, come ricordato dalla sottosegretaria al Lavoro, Francesca Puglisi, la legge di bilancio in discussione in Parlamento ha fatto degli asili gratis per le fasce più basse della popolazione uno dei suoi punti cardine, abbassando fino ad azzerarle a seconda del reddito a partire da gennaio 2020, le rette per l’accoglienza dei più piccoli e stanziando risorse pari a 100 milioni di euro per la costruzione e ristrutturazione di edifici da adibire proprio ad asili.

Nel frattempo però l’assenza di sostegni personali o pubblici ha sempre più spesso portato il welfare privato ad integrare quello pubblico, non solo con strutture a pagamento destinate alle famiglie che se le possono permettere, ma anche con accordi aziendali, visto che al primo posto tra i servizi più richiesti dai lavoratori ci sono proprio quelli che riguardano la scuola e l’istruzione dei figli (79%).

Nei posti di lavoro sono così sempre più diffusi asili aziendali per i figli dei dipendenti, oppure iniziative di mini nido con “tate” che seguono piccoli gruppi di bambini in grandi appartamenti attrezzati. Servizi che, sia nel pubblico che nel privato, sottolinea ancora Uecoop, “sono spesso realizzati insieme a cooperative in grado di offrire personale già formato e locali adatti”.

Una soluzione evidentemente meno pesante per i bilanci familiari degli asili veri e propri. Secondo uno studio della Uil, la frequenza a tempo pieno (con un turno di 8 ore pari a quello di un lavoratore dipendente) nelle strutture comunali incide sulle tasche delle famiglie italiane, mediamente, 270 euro al mese, pari a 2.700 euro l’anno.

Dal Nord al Sud dell’Italia, i costi variano sensibilmente da città a città e su tutte spiccano Brescia e Cuneo, dove frequentare un asilo nido, per una famiglia campione (con un reddito di 44 mila euro, 37.600 netti l’anno, pari ad un reddito Isee di 17.812 euro), costa mediamente 445 euro mensili. Le rette più basse sono invece quelle di Trapani, dove si paga un quarto rispetto alle due città del Nord, ovvero 111 euro al mese.

Prendendo in considerazione le grandi città, in testa si piazza Firenze dove la retta costa mediamente 338 euro; in coda Roma, con una media di 174 euro al mese.

(di Mila Onder/ANSA)

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