Si tenta rinvio del Mes, ma asse Di Maio Di Battista agita il governo

Il deputati del M5s Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico durante la manifestazione di protesta del M5S davanti Montecitorio.
Il deputati del M5s Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico durante la manifestazione di protesta del M5S davanti Montecitorio. ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA. – Negoziare all’Eurogruppo e con i leader europei, ottenere almeno un rinvio della firma del Meccanismo europeo di stabilità. Per raffreddare gli animi in Senato. Per evitare che l’11 dicembre una spaccatura della maggioranza apra una crisi politica.

Il rischio c’è, affermano dal Pd, anche perché il gruppo M5s è spaccato e imprevedibile. In più, preoccupa l’asse di Luigi Di Maio con Alessandro Di Battista contro il fondo salva Stati: “Il M5s è ago della bilancia, decidiamo noi”. Il ministro degli Esteri invia un segnale distensivo parlando di “sintonia” con Giuseppe Conte, dopo una telefonata con il premier. Ma non basta a tranquillizzare gli alleati.

“La linea non la indica Conte ma Di Maio”, avvertono spazientiti i Dem. Le “fibrillazioni” preoccupano, dichiara Iv dopo aver incontrato Conte. Nelle prossime ore gli occhi saranno tutti puntati sul ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che all’Eurogruppo tratterà con gli alleati europei sul Mes.

In discussione non c’è l’impianto del Meccanismo, ma regolamenti secondari ancora oggetto di negoziato. In più, in una “logica di pacchetto”, si avvierà la trattativa sull’Unione bancaria, che è ancora a una prima stesura: il ministro, come più volte affermato, dirà che l’Italia si oppone al meccanismo – sostenuto dalla Germania ma per noi svantaggioso – che punta a ponderare i titoli di Stato detenuti dalle banche sulla base del rating dei singoli Paesi.

Anche Conte, nei suoi colloqui a margine del vertice Nato di Londra, discuterà del “pacchetto” europeo con gli altri leader, a partire da Angela Merkel ed Emmanuel Macron. Ma è il fattore tempo quello su cui il governo spera di far leva, nell’immediato. La firma del Mes, anche per ragioni tecniche, non dovrebbe arrivare prima di febbraio. Da quel momento i singoli Paesi dovranno ratificare il trattato.

La speranza è che i dubbi emersi anche in Francia e fattori come la crisi di governo a Malta possano spingere la lancetta un po’ più in là. Negoziazioni nell’ambito del “pacchetto” Ue e rinvii saranno la leva sulla quale si cercherà di plasmare un’intesa di maggioranza sulla risoluzione che dovrà essere votata l’11 dicembre in Parlamento, alla vigilia della partecipazione di Conte al Consiglio europeo. Sono “legittime” diverse “sensibilità”, dichiara il premier cercando di placare gli animi e assicurando che “l’ultima parola spetta al Parlamento”: “Lavoriamo per rendere questo progetto utile agli interessi dell’Italia”.

Conte e Di Maio si sentono al telefono, dopo il plateale gelo andato in scena in Aula alla Camera. “Nessuna contrapposizione”, “totale sintonia”: assicurano all’unisono. Di Maio pone anche l’accento sulla “logica di pacchetto”, lasciando margini di manovra a chi lavora a una posizione comune di maggioranza.

Sui social, però, rilancia l’asse con Alessandro Di Battista dichiarando che “M5s è ago della bilancia” e “chiede del tempo per fare delle modifiche”.

Da Bruxelles incalza anche Matteo Salvini, che rilancia Mario Draghi come candidato al Colle e incalza il premier proprio sul Mes: “Il trattato non è emendabile, bisogna bloccarlo. Conte ha lo sguardo di chi ha paura e scappa”. Lega e Fdi non faranno sconti in Aula.

Ed è in Aula che può scoppiare “l’incidente”. Perché, spiegano fonti Dem dal Senato, è impossibile prevedere i comportamenti dei senatori M5s (Paragone e Giarrusso già si sono smarcati): i “contiani” lavorano a un’intesa, ma basta una manciata di voti a far andare in minoranza il governo. Di qui il pressing su Di Maio perché lavori per compattare le truppe su una posizione unica e chiara in asse con il governo.

I Cinque stelle fanno sapere che stanno lavorando a una risoluzione di maggioranza, a partire dalle loro posizioni. “Decide Conte, non Di Maio”, avverte dal Pd Enzo Amendola. Come a dire: i Dem non sono disposti a cedimenti o a mettere veti sul trattato. Per chiudere, servirà probabilmente un nuovo vertice di maggioranza. Ma, come emerge da un incontro di Italia viva con Conte, i punti di divergenza sono tanti e il clima sempre più agitato.

(di Serenella Mattera/ANSA)