Papa: “Riscoprire il Presepe. Farlo in case, scuole, piazze”

Il Presepe di sabbia in Piazza San Pietro. Papa
Il Presepe di sabbia in Piazza San Pietro. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

GRECCIO (RIETI). – Da Greccio, dal luogo dove San Francesco realizzò nel 1223 la prima rappresentazione della Natività, il Papa consegna alla Chiesa ei fedeli una Lettera sul significato e il valore del presepe. E anche reagendo alle polemiche sulla sua realizzazione nei luoghi pubblici, sulla sua ‘negazione’ per non offendere i fedeli di altre religioni o su chi ne fa un pugnace simbolo identitario ed esclusivo, esorta a rilanciare ovunque questa tradizione, ma come segno di “un mondo più umano e fraterno, dove nessuno sia escluso ed emarginato”.

“Con questa Lettera vorrei sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe. Come pure la consuetudine di allestirlo nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze…”, scrive Francesco nella Lettera apostolica ‘Admirabile signum’, firmata nel Santuario Francescano di Greccio.

“Mi auguro che questa pratica non venga mai meno; anzi, spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata”. “Rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia”, afferma il Pontefice, secondo cui il presepe “è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura”.

Il Papa ripercorre le origini del presepe, proprio a Greccio: “San Francesco, con la semplicità di quel segno, realizzò una grande opera di evangelizzazione – rievoca -. Il suo insegnamento è penetrato nel cuore dei cristiani e permane fino ai nostri giorni come una genuina forma per riproporre la bellezza della nostra fede con semplicità”. “Perché il presepe suscita tanto stupore e ci commuove?”, si chiede.

“Anzitutto perché manifesta la tenerezza di Dio. Lui, il Creatore dell’universo, si abbassa alla nostra piccolezza”. E “comporre il presepe nelle nostre case ci aiuta a rivivere la storia che si è vissuta a Betlemme”. “Naturalmente – ricorda Francesco -, i Vangeli rimangono sempre la fonte che permette di conoscere e meditare quell’Avvenimento”; tuttavia, “la sua rappresentazione nel presepe aiuta ad immaginare le scene, stimola gli affetti, invita a sentirsi coinvolti nella storia della salvezza”.

Bergoglio passa in rassegna i segni del presepe, a partire dal “cielo stellato nel buio e nel silenzio della notte”, ai paesaggi, spesso con “rovine di case e palazzi”, gli angeli e la stella cometa, le statuine simboliche, tra cui per prime quelle di pastori e mendicanti: “i poveri sono i privilegiati di questo mistero e, spesso, coloro che maggiormente riescono a riconoscere la presenza di Dio in mezzo a noi”, osserva.

Per il Papa, “dal presepe emerge chiaro il messaggio che non possiamo lasciarci illudere dalla ricchezza e da tante proposte effimere di felicità”. “Nascendo nel presepe, Dio stesso inizia l’unica vera rivoluzione che dà speranza e dignità ai diseredati, agli emarginati: la rivoluzione dell’amore, la rivoluzione della tenerezza”. Dal presepe, “Gesù proclama, con mite potenza, l’appello alla condivisione con gli ultimi”.

E con la scena della grotta e la mangiatoia, nel “mistero dell’ìncarnazione”, “il presepe ci fa vedere, ci fa toccare questo evento unico e straordinario che ha cambiato il corso della storia”. Davanti al presepe, “la mente va volentieri a quando si era bambini e con impazienza si aspettava il tempo per iniziare a costruirlo”, sentendo così “il dovere e la gioia di partecipare ai figli e ai nipoti la stessa esperienza”.

Esso, insomma, “fa parte del dolce e esigente processo di trasmissione della fede”. A Greccio il Papa è andato nel pomeriggio dopo la messa nella mattina in San Pietro per la comunità cattolica congolese. “Il consumismo è un virus che intacca la fede alla radice, perché ti fa credere che la vita dipenda solo da quello che hai”, ha denunciato, “il fratello bussa alla tua porta, ma ti dà fastidio perché disturba i tuoi piani”.

“Quando si vive per le cose, le cose non bastano mai, l’avidità cresce e gli altri diventano intralci nella corsa e così si finisce per sentirsi minacciati e, sempre insoddisfatti e arrabbiati, si alza il livello dell’odio”, ha insistito. “Lo vediamo oggi là dove il consumismo impera – ha aggiunto -: quanta violenza, anche solo verbale, quanta rabbia e voglia di cercare un nemico a tutti i costi! Così, mentre il mondo è pieno di armi che provocano morti, non ci accorgiamo che continuiamo ad armare il cuore di rabbia”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)