Pd chiede lealtà sul Mes, offensiva Di Maio. Conte media

Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri e Dario Franceschini, Ministro della Cultura durante la discussione sulla fiducia al nuovo governo nell'aula del Senato.
Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri e Dario Franceschini, Ministro della Cultura durante la discussione sulla fiducia al nuovo governo nell'aula del Senato, Roma 10 settembre 2019. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA. – Fondo salva-Stati, giustizia, Autonomia: il dicembre caldissimo del governo giallorosa si muove tra questi pilastri, in equilibrio costantemente fragile e con Giuseppe Conte chiamato a governare, in qualche modo, una fase di mediazione e rilancio che oggi appare ancora lontana.

Sul Mes Luigi Di Maio, in asse con Alessandro Di Battista, ha scelto di andare all’attacco cercando di costringere il Pd a giocare di rimessa e compattando i gruppi parlamentari a rischio implosione. “Quest’accordo deve essere migliorato”, torna a ribadire il leader del M5S mentre Nicola Zingaretti avverte: “il Pd è leale, vediamo gli alleati, a partire dal Mes”.

In realtà, sul Mes, il governo, salvo colpi di scena, non rischia. L’accordo, secondo l’esecutivo, va migliorato nel suo complesso, ovvero nei tre pilastri del pacchetto di riforme dell’eurozona (a cominciare dall’Unione bancaria) ed è per questo che, lunedì alla Camera, Conte tra le altre cose tornerà a porre l’accento sulla “logica del pacchetto”.

Ma in quell’occasione Conte avrà modo anche di spiegare come gran parte del negoziato sul Mes sia stato fatto nel precedente governo ovvero con l’ok della Lega. E’ su Matteo Salvini che Conte punterà il mirino e, nel weekend, a Palazzo Chigi, si lavorerà anche per ricostruire, carte alla mano, tutti i passaggi che sul Mes hanno visto la Lega compartecipe.

E la battaglia tra i due va avanti a colpi di sciabola. “Conte ricopre l’Italia di bugie”, attacca Salvini tornando a chiedere un intervento del Colle. E il leader della Lega incalza: “il premier mi querela? Si metta in fila dietro a Carola…” dice riferendosi alla capitana della Sea Watch.

“C’è una campagna politica nazionalista, il Mes non danneggia l’Italia”, sottolinea il ministro per gli Affari Ue Vincenzo Amendola. E nel pomeriggio, per chiudere, il caso interviene anche Maria Cannata, presidente di Mts-Borsa Italiana ed ex responsabile della gestione del debito pubblico del Tesoro alla quale, per un suo articolo del 2018, in questi giorni hanno fatto riferimento Lega e Fdi. “Il contesto è mutato e la nuova versione della riforma del Meccanismo europeo di stabilità rimuove le riserve di allora. Sorprendenti le strumentalizzazioni postume”, spiega Cannata.

Ciò non vuol dire che il Mes faccia saltare di gioia il governo. “Filosoficamente – spiega una fonte di maggioranza – la riforma toglie spazio politico alla commissione Ue e l’Italia è distante da quest’approccio”. Per questo, sebbene l’ok al Mes per l’Italia sia in sostanza ineluttabile, il governo non chiederà certo un’accelerazione della firma, che plausibilmente potrebbe avvenire a febbraio. E fino ad allora Roma non rinuncerà a dire la sua.

In Italia, tuttavia, il Mes è l’ennesima miccia di un governo sui carboni ardenti. Su giustizia e Autonomia, ad esempio, le fratture tra Pd e M5S rischiano di allargarsi. Sul primo tema il punto di caduta potrebbe essere un pacchetto di misure che dia garanzia di una giusta durata dei processi facendo scattare, come previsto dal M5S, dall’inizio del 2020 la riforma della prescrizione.

Sull’Autonomia il Cdm di lunedì, dove il ministro Francesco Boccia svolgerà un’informativa sulla sua legge quadro, sarà cruciale, ma non decisivo. Per mercoledì mattina è infatti prevista una riunione di maggioranza sulla riforma. La convocazione, a quanto si apprende, è arrivata dal ministro ai rapporti col Parlamento Federico D’Incà in serata, mentre nel pomeriggio il capogruppo di Iv al Senato Davide Faraone aveva chiesto di leggere i testi e avere garanzia del coinvolgimento del Parlamento nell’esame.

La partenza, dunque, non sembra essere delle migliori visto che perfino Luigi Gallo, tra gli esponenti M5S più filo Pd, stoppa i Dem dall’inserire l’iniziativa sull’Autonomia in manovra. “La proposta Boccia non è condivisa”, avverte il pentastellato. E chissà se una quadra, M5S e Pd, riusciranno a trovarla dopo la fine del procedimento amministrativo su Autostrade, la cui revoca delle concessioni è una battaglia di bandiera del Movimento, citata anche da Di Battista.

L’impressione, spiega una fonte di governo, è che sull’offensiva alla fine si adegui anche il Pd, in cambio di un atteggiamento più morbido di Di Maio su altri fronti chiave.

(di Michele Esposito/ANSA)