Il premier iracheno si dimette, 400 i morti nelle proteste

Manifestanti scendono in piazza a Baghdad. (AsiaNews)

BEIRUT. – Dopo le violenze e gli scontri di piazza, con oltre 400 tra manifestanti e attivisti uccisi in due mesi di proteste popolari senza precedenti a Baghdad e nel sud dell’Iraq, il premier Adel Abdel Mahdi ha annunciato le dimissioni.

Ma nel sud del paese la rivolta e la conseguente repressione governativa prosegue, con un crescente bilancio di vittime.

Intanto il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres si è detto “profondamente preoccupato per le notizie sull’uso continuato di veri proiettili contro i manifestanti”.

Dello stesso avviso l’Unione Europea, che ha definito “inaccettabile” l’uso di pallottole “da parte delle forze di sicurezza contro i manifestanti”.

La decisione del premier di dimettersi è stata presa dopo che la maggiore autorità sciita del paese, il Grand Ayatollah Ali Sistani, aveva invitato il parlamento – dominato dai partiti-milizia filo-iraniani – a togliere la fiducia al primo ministro.

L’annuncio di Abdel Mahdi, da poco più di un anno in carica col sostegno bipartisan di Iran e Stati Uniti, è stato definito “tardivo” da gran parte della gente nella centrale piazza Tahrir di Baghdad, da settimane luogo simbolo della protesta.

A centinaia comunque hanno festeggiato l’annuncio delle dimissioni del premier, affermando che si tratta del primo risultato concreto della “rivoluzione”.

La mobilitazione era scoppiata il 1 ottobre scorso nella capitale e in gran parte delle regioni del sud sciita, ricco di risorse energetiche ma da decenni ai margini delle politiche di sviluppo del governo centrale e delle autorità locali, dominate da gruppi politici vicini all’Iran.

Il movimento di protesta è stato inizialmente diretto contro il carovita e la corruzione, ma si è presto trasformato in una massiccia contestazione contro l’intero sistema politico-clientelare, vicino all’Iran, ed emerso dopo la deposizione, da parte degli Stati Uniti, del regime di Saddam Hussein nel 2003.

Due giorni fa manifestanti inferociti, definiti “infiltrati” dal governo, avevano assaltato e dato alle fiamme il consolato iraniano della città santa sciita di Najaf, tre settimane dopo il tentativo di altri manifestanti di incendiare il consolato iraniano di Karbala, l’altra città santa sciita.

Intanto è stata una giornata di violenze nel sud, in particolare a Nassiriya, dove giovedì circa 30 manifestanti erano stati uccisi dall’esercito, che aveva sparato pallottole alla testa e al petto. Venerdì l’uccisione di almeno altre 15 persone tra i manifestanti.

Nel suo annuncio di dimissioni, il 77enne premier Abdel Mahdi ha detto di aver “ascoltato con viva preoccupazione” la predica del venerdì del Grand Ayatollah Sistani, e di aver deciso di rimettere le dimissioni al parlamento in modo che l’assemblea possa rivedere la sua decisione.

Il riferimento è all’invito pronunciato stamani da Sistani, che si era appellato all’assemblea perché ritirasse la fiducia al premier.

Lo stesso Grand Ayatollah, considerato ostile all’influenza iraniana in Iraq, ha però invitato i manifestanti a mantenere pacifica la loro protesta e a evitare di ricorrere alla violenza, un riferimento all’assalto del consolato iraniano di Najaf.

(di Lorenzo Trombetta/ANSA)

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