Onda anti-Cina sfonda a Hong Kong, ma Pechino non molla

Giovani studenti del fronte pan-democratico esultano per il risultato dei comizi ad Hong Kong nel 2019.
Giovani studenti del fronte pan-democratico esultano per il risultato dei comizi ad Hong Kong nel 2019. Immagine d'archivio. (Ansalatina)

PECHINO. – L’ondata elettorale anti-Cina a Hong Kong è stata senza precedenti: il fronte pan-democratico ha fatto saltare il banco al voto locale distrettuale, conquistando quasi il 90% dei seggi in palio (388 su 452) e 17 consigli su 18.

Un esito chiaro al quale il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, in attesa delle mosse che vorrà adottare Pechino, ha opposto una prima valutazione: “Hong Kong è parte integrante della Cina, a prescindere dal risultato elettorale”, ha replicato secco da Tokyo, dopo l’incontro avuto in mattinata col premier nipponico Shinzo Abe.

Il ministro non solo è stato costretto a commentare la vicenda considerata di affari interni, ma lo ha dovuto fare all’estero, dando la massima visibilità possibile.  “Qualsiasi tentativo di danneggiare il livello di prosperità e di stabilità della città, non avrà successo”, ha continuato il ministro.

A Hong Kong, sul finire delle operazioni di conteggio, la governatrice Carrie Lam ha assicurato che il governo ascolterà “certamente con umiltà le opinioni dei cittadini e rifletterà su di loro con serietà”, non discostandosi molto dai tentativi di dialogo con le forze sociali per far sgonfiare le proteste che vanno avanti da oltre 5 mesi.

In una nota, la Lam ha ricordato di “rispettare l’esito elettorale” e di credere “fermamente che la grande maggioranza del pubblico condivida il mio Desiderio che continui la situazione pacifica, sicura e ordinata. I cittadini sono insoddisfatti per l’attuale situazione sociale e i problemi ben sedimentati”, senza dare dettagli.

Il movimiento anti-governativo è partito a giugno contro la contestata legge sulle estradizioni in Cina, puntando poi alle riforme democratiche. A tale scopo, è stata varata una piattaforma di 5 punti, tra cui suffragio universale e indagine indipendente sulla brutalità della polizia nella repressione delle proteste.

La Lam ha derubricato le richieste a livello di “pia illusione”, convinta che Hong Kong l’avrebbe sostenuta nel riportare l’ordine.

“Avvilente”, è stato il secco commento su Twitter di Claudia Mo, l’agguerrita deputata pan-democratica, che ha contestato sia il rifiuto della Lam di tenere una conferenza stampa sia la presa d’atto di una vittoria straordinaria da parte delle opposizioni.

La Cina, intanto, ha rinnovato ancora una volta il suo pieno sostegno alla leader di Hong Kong: “Il governo centrale supporta con determinazione la leadership della governatrice Carrie Lam sulla regione di Hong Kong”, ha affermato in conferenza stampa il portavoce del ministero degli Esteri, Geng Shuang.

La città resta sostanzialmente divisa: al fronte pan-democratico che s’è affermato fa capo il 57% dei voti complessivi contro il poco più del 40% del campo pro-Pechino.

Per il governo centrale e per il presidente Xi Jinping le prossime mosse saranno delicate per disinnescare l’insidia di medio periodo, del 2022, per la nomina del nuovo leader.

I consigli distrettuali sono degli organi consultivi, ma 117 dei loro componenti fanno parte dei 1.200 membri del comitato elettorale che sceglie il leader della città. Bastano 150 firme per arrivare alla designazione di un candidato, quota non difficile da raggiungere per il fronte pan-demcoratico.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)