Caos M5s. Di Maio nel mirino ma insiste: “No a alleanze”

Il ministro degli Esteri e capo politico del M5S, Luigi Di Maio, a Castelvetrano (Trapani),
Il ministro degli Esteri e capo politico del M5S, Luigi Di Maio, a Castelvetrano (Trapani), 22 novembre 2019. ANSA/ALFREDO PECORARO

ROMA. – In campo, da soli, in Emilia-Romagna e Calabria. Nel caos del M5S Luigi Di Maio prova a tenere la barra dritta e si appella a quello che, al momento, sembra il suo alleato più forte: il voto di Rousseau. Il capo politico rivolta la narrazione dei dissidenti – secondo qui gli iscritti hanno sconfessato la sua linea – plaudendo alla democrazia interna del Movimento e cogliendo al balzo la volontà degli attivisti per allontanarsi ulteriormente dall’alleanza con i Dem.

Sono ore cruciali, tuttavia, per Di Maio e per tutto il Movimento. A Palazzo Chigi non si nasconde una certa preoccupazione per le tensioni interne e, nel pomeriggio, arriva a Roma Beppe Grillo, l’uomo della “salvezza” per una parte del Movimento e forse anche per il Pd. Ma, salvo colpi di scena, fino a lunedì sera non ci sarà nessun faccia a faccia tra Grillo e Di Maio.

Il capo politico, poche ore prima dell’arrivo del Garante, vola in Sicilia dove resterà – rispetto al programma iniziale – fino alla tarda sera di domenica. E lunedì Di Maio sarà prima in Calabria e poi in Emilia-Romagna. Mettendoci la faccia, lui per primo, su una scelta invisa ai vertici ma voluta da parlamentari e gran parte degli attivisti: correre in Emilia-Romagna e Calabria.

Anzi lunedì partirà il lancio ufficiale della campagna elettorale. Una campagna dove, si sottolinea nel M5S, Di Maio apre una sorta di sfida ai parlamentari chiamandoli ad un impegno di massa. Il capo politico sembra intenzionato a difendere la sua leadership mostrando come, in realtà, non sia lui a decidere.

Sul voto di Rousseau ammette di averla pensarla diversamente e, senza risparmiare una frecciata a chi sperava in una desistenza a favore dei Dem, sottolinea: “Col voto online il M5s ci ha detto “a Roma c’è il governo, ma sul territorio c’è il Movimento”, e non possiamo asservire il M5s alle logiche del governo”.

E quindi avanti, pur nella consapevolezza che, salvo miracoli, il M5S otterrà al massimo qualche consigliere Regionale. Una linea che vede la piena condivisione dell’anima “più movimentista”, Alessandro Di Battista.

Eppure, lo strappo del M5S sulle Regionali rischia di essere un’altra picconata al governo. Il leader nega qualsiasi ripercussione ma a Palazzo Chigi l’aria che si respira è pesante. Fonti della maggioranza raccontano di frequenti contatti telefonici tra Conte e Grillo. Di un premier che qualcuno vorrebbe a capo di un suo partito ma che al momento attende, consapevole che solo un vero rilancio della coalizione di governo potrà evitare le urne.

“Diamo un attimo di tempo al Movimento per completare questa fase di transizione”, spiega Conte predicando, ai cronisti e al Pd, la giusta calma. Eppure, non si sa, al momento, cosa avverrà alla fine della transizione, anche perché la rivolta anti-Di Maio si condisce di nuovi attacchi.

“Facciamo votare a Rousseau se andare in coalizione, il ruolo del capo politico singolo ha fallito”, sottolinea Roberta Lombardi. “Luigi, basta, serve una gestione collegiale”, gli fa eco Emanuele Dessì. E tutti guardano a Grillo, più che alla ristrutturazione annunciata da Di Maio.

Il Garante, per ora tace. “Noi biodegradati? Siete comici…”, si limita a dire ai cronisti entrando con la moglie all’hotel Forum. Qualcuno, nella maggioranza, prevede persino un suo incontro con Conte o con Nicola Zingaretti, al momento negati dai rispettivi staff. Di certo Grillo sarà chiamato a un mezzo miracolo: mediare sulla leadership di Di Maio assicurando che il Movimento non perda la via imboccata con il Conte 2.

(di Michele Esposito/ANSA)