Spiragli su Mittal ma Conte vuole garanzie sugli esuberi

Operai davanti alla fabbrica Arcelor Mittal a Taranto,
Operai davanti alla fabbrica Arcelor Mittal a Taranto, 5 novembre 2019. ANSA/RENATO INGENITO

ROMA. – Giuseppe Conte vuol vedere un “ravvedimento”. Arcelor Mittal professa “buona fede” e auspica “progressi”. E, a dimostrare buona volontà, avvia i pagamenti alle aziende dell’indotto dell’ex Ilva (il 100% delle fatture scadute e il 70% agli autotrasportatori).

I margini per la ripresa di un dialogo sembrano esserci, a poche ore dall’incontro a Palazzo Chigi tra il premier e Lakshmi Mittal e Aditya Mittal. Dalla sede di Londra inviano un segnale distensivo. Conte fa sapere che se vengono garantiti lo stop alla revoca del contratto, il “risanamento ambientale” e la “stabilità dell’impianto”, il governo è pronto a sbloccare lo scudo penale (Luigi Di Maio apre ma Roberto Fico dice che “non ha motivo d’essere”) e negoziare un nuovo piano che punti alla progressiva “decarbonizzazione”.

Ma alla vigilia c’è prudenza: resta il nodo dei 5.000 esuberi chiesti e su cui l’azienda non avrebbe ancora dato garanzie. Tutto rischia di incagliarsi. Arriva in Consiglio dei ministri, intanto, il “cantiere Taranto”, l’insieme di progetti per la città, che nelle intenzioni dell’esecutivo può diventare volano di sviluppo di Taranto e così creare posti di lavoro fuori dalla acciaieria. Devono ancora essere assorbiti, infatti, i lavoratori già in cassa integrazione e il negoziato con Mittal potrebbe portare ad ammortizzatori sociali per altri 2500 (fino a 3000) lavoratori.

L’esecutivo lavora a un fondo in manovra che rifinanzi per il prossimo anno gli ammortizzatori sociali per tutte le aree di crisi: potrebbe essere il veicolo anche per l’ex Ilva. E’ composto da diverse voci, il “cantiere Taranto”: ogni ministro ha fatto i compiti a casa e indicato le sue proposte. Dalla cultura, inclusa la nascita di un nuovo museo, all’Arsenale, dalla sanità, con l’ipotesi di nuove assunzioni, fino al contributo di aziende partecipate dallo stato come Snam, che si dice disponibile a investire fino a 40 milioni per la transizione energetica.

L’idea sarebbe quella di un provvedimento – forse un decreto – e di un tavolo istituzionale che studi anche misure a sostegno dell’indotto dell’ex Ilva. Il governo si muove, nell’attesa di capire se ci sono i margini per indurre Mittal a rispettare il contratto e non abbandonare l’acciaieria.

L’esecutivo è pronto a mettere in campo sconti sull’affitto degli impianti, defiscalizzazione delle bonifiche, ammortizzatori sociali. Se resta Ilva, Cdp non dovrebbe però entrare nell’azionariato. Mentre soggetti come Intesa sono pronti a intervenire con un impegno sui mutui e su finanziamenti. Se si aprirà la trattativa vera e propria, anticipa il Messaggero, una dichiarazione d’intenti in quattro punti potrebbe essere consegnata il 27 novembre ai magistrati milanesi chiamati a pronunciarsi sul ricorso d’urgenza contro la revoca di Mittal, perché rinviino la loro decisione.

Ma l’incontro previsto nella serata di venerdì a Palazzo Chigi, spiega Conte, potrebbe essere “interlocutorio”. Si avvierà un negoziato, infatti, se verrà messo da parte l’atto di dismissione”. “Se invece Mittal continuerà la battaglia, ci difenderemo con la massima virulenza” puntando a un risarcimento miliardario visto il vantaggio tratto quest’anno dall’azienda.

Per negoziare Mittal dovrà “dimostrare le sopravvenienze di mercato” che impediscono di rispettare il contratto. A quel punto il governo è pronto a trattare su un numero limitato di esuberi, purché lo stabilimento continui a produrre, il risanamento ambientale prosegua e si avvii la decarbonizzazione. In più, arriverebbe un decreto per lo scudo penale tanto sgradito al M5s: “E’ solo un pretesto”, lamenta Fico, ma Luigi Di Maio prepara il sì parlando di un “esercizio di stile” che rafforzi lo “scudo generalizzato” previsto dal codice penale.

Proprio lo scudo è tra le richieste che da Londra il gruppo Mittal fa trapelare alla vigilia del tavolo. Insieme a garanzie su Altoforno 2 e un “nuovo piano accettabile per tutti gli stakeholder”, cioè governo, sindacati e anche enti locali. Il percorso, insomma, si annuncia complesso e non è detto che vada a buon fine. Nel governo c’è chi è ancora convinto che Mittal voglia andar via: in quel caso scatterebbe il commissariamento e la ricerca di una nuova cordata.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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