Candidati dem uniti contro Trump, Sanders lancia allarme

Alcuni degli aspiranti democratici alla Casa Bianca durante il quinto Dibattito TV. (la Repubblica)

 

NEW YORK. – L’impeachment di Donald Trump è il convitato di pietra. E il tema che unisce tutti i candidati democratici alla Casa Bianca: il presidente va messo in stato di accusa perché nessuno è sopra le legge. Ma Bernie Sandersavverte: va bene l’impeachment ma “non dobbiamo lasciarci consumare da Trump altrimenti perdiamo” alle elezioni.

L’allarme è lanciato dal senatore del Vermont durante il quinto dibattito fra i 10 aspiranti democratici alla Casa Bianca: sul palco per la prima volta le donne sono le vere protagoniste, anche in termini numerici, fra le quattro moderatrici e le candidate.

Il confronto vede affermarsi Pete Buttigieg, il sindaco di South Bend attualmente in testa ad alcuni sondaggi in Iowa, e lo stesso Sanders. Delude invece Joe Biden che, fra diverse gaffe, non brilla.

Sotto tono anche Elizabeth Warren: la senatrice non riesce a imporsi nel corso delle due ore di dibattito e non riesce a difendere in pieno tutti i suoi piani per rilanciare l’America.

Kamala Harris cercasenza grande successo di trovare il tocco magico che aveva all’inizio della campagna elettorale. Cory Booker è defilato: l’unico momento di notorietà lo conquista proponendo la legalizzazione della marijuana e stuzzicando Biden al riguardo.

L’ex vice presidente ha detto in passato che si tratta di un passo troppo grande che rischia di aprire i cancelli alla droga.

“Ho pensato che eri fatto quando lo hai detto. La marijuana è già legale in questo paese per i privilegiati” dice Booker. Biden viene ripreso anche da Harris: con orgoglio dal palco del dibattito ad Atlanta, l’ex vice presidente dice di essere stato appoggiato dall’unica donna afroamericana eletta in Senato.

Harris, senatrice nera, stupita apre le braccia e prima di scoppiare in una risata gli replica: “Non è vero, ne hai una qui”. Biden riesce a spiccare sui rivali solo pochi istanti riuscendo a mostrare la forza della sua esperienza. Lo fa criticando l’Arabia Saudita e la Cina sui diritti umani, facendo diretto riferimento anche agli uiguri.

Sanders e Biden fanno fronte comune su eventuali indagini nei confronti di Trump al termine della sua presidenza: “Se fossi alla Casa Bianca non le ordinerei, è una decisione che il Dipartimento di Giustizia debe assumere in modo indipendente” dice Biden, incassando l’appoggio di Sanders.

Buttigieg evita gli attacchi per tutta la prima ora del dibattito, poi viene incalzato dalle rivali Klobuchar, Harris e Tulsi Gabbard. ‘Mayor Pete”, così come è conosciuto, si difende mostrandosi sicuro di sé sotto pressione.

“Su questo palco ci sono più di 100 anni di esperienza di Washington e guardate dove siamo!” dice a Klobuchar che, pur lodandolo, non lo ritiene abbastanza di esperienza per poter sfidare Trump e batterlo.

Buttigieg si difende anche dall’attacco di Harris, che lo riprende per aver pubblicato una foto di una donna afroamericana del Kenya per portare avanti la sua campagna per l’affermazione delle donne.

Ammettendo le sue difficoltà con gli elettori afroamericani, sui quali non riesce a fare breccia, e di non essere mai stato discriminato per il colore della pelle, Buttigieg spiega però come il suo essere gay lo abbia talvolta fatto sentire un estraneo nel suo stesso paese, un “escluso e un emarginato”.

Il sindaco di South Bend poi si rivolge direttamente agli americani: per battere Trump serve qualcosa di diverso e di “nuovo. Io non gioco a golf e sono probabilmente la persona più povera su questo palco” dice evocando Barack Obama e la sua capacità di unire.

“Non corro solo per sconfiggere Donald Trump, ma per aprire l’era del dopo Trump. Perché va bene l’impeachment ma dobbiamo fare di più. Dobbiamo raccogliere i pezzi e unire il paese”.

La battuta più simpatica della serata democratica, quella che ha fatto impazzire il pubblico e i social, è di Andrew Young: “quando incontrerò Putin da presidente la prima cosa che gli dirò è che mi dispiace aver battito il suo uomo. Forse non mi dispiace…”.

Nessun riferimento durante le due ore di confronto a una possibile candidatura di Michael Bloomberg, l’altro convitato di pietra. Il prossimo appuntamento fra i candidati è ora in dicembre, pochi giorni prima di Natale, a Los Angeles.

E chissà forse se per quel momento la platea degli aspiranti si sarà ridotta, aprendo così la porta a un dibattito più serio con tempi non più confinati a 75 secondi per risposta.

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