Voto GbLibDem promettono niente Brexit e 50 miliardi

Manifestanti Liberal-democratici mostrano la bandiera europea e lo slogan "exit brexit", in una marcia a Cambridge contro l' uscita della Gran Bretagna dall'Europa. (libdems.org.uk)

LONDRA. – “Fermare la Brexit per costruire un futuro più luminoso”: è lo slogan del manifesto elettorale presentato oggi dal partito liberaldemocratico britannico, storica terza forza del Regno e baluardo radicale pro Remain, in sfida diretta a entrambe le due formazioni maggiori – i Tory di Boris Johnson e il Labour di Jeremy Corbyn – che i loro programmi ufficiali li renderanno pubblici nei prossimi giorni.

Un manifesto di 96 pagine illustrato a Cambridge, fra una platea plaudente di sostenitori e qualche contestazione, dalla giovane neo leader Jo Swinson.

E incentrato sull’impegno a impedire la Brexit in qualunque modo: anche senza un referéndum bis e la semplice revoca parlamentare dell’articolo 50 se mai i LibDem (epilogo velleitaria, sondaggi alla mano) arrivassero a controllare addirittura la prossima Camera dei Comuni.

Al di là dei sogni, resta comunque nero su bianco la convinzione di poter garantire – in una sorta di gara con le pur criticate promesse di spesa pubblica di laburisti e conservatori – “un bonus Remain” da 50 miliardi di sterline da investire nei prossimi anni per i servizi pubblici, la riduzione delle diseguaglianze, le infrastrutture, laddove l’addio all’Ue non ci fosse.

Accompagnata dalla rivendicazione di un’immagine nuovista rispetto a Johnson e a Corbyn, messi sullo stesso piano in barba alle evidenti differenze, esclusi a priori entrambi come partner di ipotetiche coalizioni future e bollati rispettivamente come nostalgici “del 1870 e del 1970” dalla 39 Jo da Glasgow.

Rispetto alla ricetta neo socialista corbyniana, i LibDem condividono peraltro la necessità di tornare ad aumentare la tassazione sui profitti (corporate tax), sebbene in misura un po’ inferiore. Ma si distinguono su temi come il rifiuto della rinazionalizzazione di alcuni servizi o una politica estera decisamente filo atlantica e meno pacifista. Oltre che agitando  il vessillo dominante di un “no Brexit” senza sfumature.

La speranza è guadagnare tanti seggi in più rispetto ai 12 su 650 del 2017 e ai 18 (frutto della cooptazione di 6 dissidenti ex Tory e Labour) di fine legislatura, dice Swinson, togliendo voti a tutte e due le grandi case madri della politica isolana: ma resta da capire a svantaggio soprattutto di chi.

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