ROMA. – La spesa assistenziale continua a correre toccando nel 2018 il livello record di 118 miliardi, il 58,9% in più dell’importo speso nel 2008, anno di inizio della crisi economica.
L’allarme arriva dal Centro di ricerca “Itinerari previdenziali” guidato da Alberto Brambilla che oggi al Cnel ha ricordato come la spesa assistenziale a carico della fiscalità generale sia aumentata in media annua del 5,3% mentre la spesa previdenziale pura è cresciuta in media dello 0,7% ogni anno nell’ultimo quinquennio.
I richiami dell’Unione europea, dell’Ocse e del Fondo monetario sui conti pubblici – ha spiegato Brambilla – “se si possono considerare comprensibili nel caso di una spesa assistenziale fuori controllo (116 miliardi nel 2018 a fronte dei 73 spesi nel 2008) e di un eccessivo debito pubblico (nel 2018, gli interessi sul debito sono costati 62,5 miliardi) non sono invece giustificabili nel caso della spesa pensionistica “pura” che, al netto dei trasferimenti di natura assistenziale, ha fatto segnare nell’ultimo quinquennio un incremento annuale dello 0,7%, uno dei più bassi dalla metà degli anni Novanta in poi”.
Intanto la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo ha ribadito che sono “esclusi del tutto” ritocchi in manovra alla misura Quota 100 e ha chiesto che eventuali risorse aggiuntive in manovra vadano alla rivalutazione delle pensioni.
In pratica mentre negli ultimi anni c’è stata una stretta sulla previdenza (con regole più rigide per l’accesso alla pensione), ad esclusione dell’intervento sulla cosiddetta Quota 100, sull’assistenza non c’è stata la stessa rigidità (anche per le difficoltà nelle quali si sono trovate molte famiglie a causa della crisi).
Ci sono però anche segnali positivi: dalla metà del 2014 fino alla prima parte del 2018, l’Italia “ha vissuto una fase di crescita positiva evidenziata sia da buoni dati sul fronte dell’occupazione, che ha toccato uno dei tassi più elevati di sempre (il 58,7%, con circa 23,223 milioni di occupati tra i 15 e i 64 anni), sia da segnali positivi per quanto riguarda la tenuta del sistema pensionistico.
Nel 2018 il rapporto occupati/pensionati si è infatti attestato intorno all’1,45, valore più alto degli ultimi 22 anni e molto prossimo a quell’1,5 occupati individuabile come traguardo cui tendere per la stabilità di medio-lungo termine del sistema”.
Brambilla ricorda che in sede europea è presentato un valore che, ricomprendendo anche voci di spesa non strettamente correlate alle pensioni, “finisce con l’aggravare di molto il giudizio, e la pressione nei confronti del sistema pensionistico italiano”.
Ci vorrebbe – sottolinea – una riclassificazione della spesa previdenziale al netto dell’assistenza” e la messa a punto di un’anagrafe dell’assistenza per razionalizzare l’erogazione di tutte le prestazioni anche se “sarebbe comunque sbagliato . far cadere tutta la responsabilità dei richiami sulla sola presentazione dei dati”.
“Molti degli ultimi governi – conclude – hanno alimentato eccessivamente quel capitolo di spesa, sia per imperizia sia per convenienza elettorale”.