Antitrust, rete carburanti arretrata porta prezzi alti

Il distributore Ip di strada Carignano 62 a Moncalieri. Potrebbe interessarti: http://www.torinotoday.it/cronaca/furto-bancomat-ip-carignano-moncalieri, Piemonte. (TorinoToday)

ROMA. – In Italia ci sono troppi distributori di carburante, pochi self service e molta inefficienza. Il risultato è che dalle nostre parti un pieno costa molto di più che nel resto d’Europa.

A puntare l’attenzione sulle problematiche di questo settore è l’Autorità garante della concorrenza e del mercato che ricorda come a fronte di 21.000 punti vendita italiani, in Germania se ne contano ‘solo’ 14.500, in Francia circa 11.000 e nel Regno Unito 8.476.

La rete di distribuzione italiana è caratterizza da “ipertrofia e arretratezza”, fa notare l’Agcm puntando il dito anche sul fatto che in Italia solo l’83% dei distributori permette di fare rifornimento anche in modalità self service mentre nella stragrande maggioranza dei paesi europei è possibile farlo in tutti i punti vendita.

L’avvio di un massiccio progetto di ammodernamento e razionalizzazione della rete di distribuzione “consentirebbe agli operatori del mercato di ridurre l’incidenza dei costi fissi sui prezzi finali”, consiglia l’Autorità ai deputati della commissione Attività produttive della Camera impegnati nell’esame della risoluzione sulle iniziative urgenti in favore del settore della distribuzione dei carburanti.

I problemi di questo settore, però, si estendono anche all’ambito fiscale, non a caso la rete di distribuzione carburanti è sotto osservazione da parte di tutte le componente dell’Amministrazione finanziaria, a causa dei diffusi fenomeni di frode Iva.

A chiarire questo aspetto è l’Agenzia delle Entrate che con l’operazione dal nome ‘Ghost Fuel’ nei primi mesi del 2019 ha intercettato “un fenomeno fraudolento connesso alla creazione di crediti Iva inesistenti”, ha spiegato il direttore centrale Grandi contribuenti dell’Agenzia delle Entrate, Antonino Di Geronimo.

Nel corso del primo semestre di quest’anno, infatti, sono stati sottoposti a controllo 123 soggetti per un totale di crediti Iva palesemente inesistenti esposti in dichiarazione pari a circa 751 milioni di euro per il 2017 e 63 milioni per il 2018.

L’Agenzia delle Entrate ha inibito il potenziale utilizzo in compensazioni dei crediti citati e sta portando avanti nuove analisi di rischio che si stanno ora concentrando sulla valutazione dei crediti Iva esposti nella dichiarazione per il 2018 e su quelli inseriti nei modelli di richiesta di rimborso o utilizzo in compensazione di crediti Iva trimestrali.

Per le indagini e la raccolta di tutte queste informazioni vengono utilizzati soprattutto gli elenchi delle fatture (Spesometro) e la fatturazione elettronica.

I dati forniti dall’Agenzia delle Entrate forniscono anche un riscontro su quelli esposti nella relazione tecnica di due degli articoli della bozza del decreto fiscale, secondo i quali una stretta sulla filiera della distribuzione carburanti può portare a un recupero di imposta evasa tra 500 milioni e 1,1 miliardi di euro.

(di Maria Chiara Furlò/ANSA)

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