Morales rifugiato in Messico promette che “la lotta continua”

L'ex presidente di Bolivia, Evo Morales arriva all'aeroporto Benito Juarez a CIttá del Messico.. ( Hector Vivas/Getty Images)

CITTA’ DEL MESSICO.  – “Finché avrò vita continuerò a lottare”. Appena atterrato in Messico Evo Morales ha rilanciato la sua “lotta contro l’oppressore”, assicurando che non intende mollare.

Dopo un viaggio lungo e complicato cominciato ieri sera dalla sua roccaforte boliviana nel Chapare di Cochabamba, il presidente dimissionario al suo arrivo ha ringraziato il governo locale che, ha assicurato, gli ha “salvato la vita”.

E ha rilanciato: ho deciso di rinunciare “perché era necessario mettere fine alle violenze” ma voglio assicurare che l’accaduto “non mi cambierà ideologicamente”.

Visibilmente stanco, in compagnia del suo vice Alvaro Garcia Linera e della ministra dell’Istruzione Gabriela Montano, il capo dello Stato dimissionario – ma tecnicamente al potere fino all’approvazione da parte del Parlamento della sua lettera di dimissioni – è sbarcato all’aeroporto di Città del Messico, dopo un difficile viaggio a bordo di un aereo militare messicano.

Il Gulfstream dell’Aeronautica ha compiuto infatti un lungo scalo ad Asuncion, in Paraguay, in attesa di ottenere, attraverso un difficile negoziato, l’autorizzazione a transitare negli spazi aerei di Brasile, Perù ed Ecuador, per arrivare finalmente in Messico.

Prima dell’arrivo di Morales, in una conferenza stampa il presidente Andrés Manuel López Obrador si è detto “orgoglioso” di riceverlo, sulla base di un diritto di asilo che tradizionalmente il Messico applica da decenni.

E il ministro degli Esteri, Marcelo Ebrard, ha escluso che gli Usa possano obiettare la decisione messicana di accogliere un capo di Stato “costretto a dimettersi dalle Forze armate del suo Paese”.

In Bolivia intanto la situazione è ancora di caos istituzionale. I due principali leader dell’opposizione, l’ex presidente Carlos Mesa e il presidente del Comitato pro Santa Cruz, Luis Fernando Camacho, tacciono, in attesa di vedere se una prevista seduta del Parlamento riuscirà ad avere il quorum.

Deputati e senatori debbono infatti approvare urgentemente le lettere di dimissioni di Morales e Garcia Linera, o almeno eleggere la seconda vicepresidente del Senato, Jeanine Anez, quale presidente ad interim della Bolivia per avanzare con la transizione nel rispetto della Costituzione.

Ma per fare questo il partito governativo Mas, che controlla i due terzi di entrambe le Camere, deve accettare di partecipare ai lavori.

C’è da segnalare poi che per esaminare la crisi boliviana è stata convocata una riunione speciale dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa), una cui commissione ha gettato forti dubbi sulla regolarità del voto del 20 ottobre da cui Morales era emerso vincitore, scatenando le proteste in Bolivia.

Infine, a complicare lo scenario politico, di per sé molto ingarbugliato, è stato diffuso uno studio del “Center for Economic and Policy Research” (Cepr) di Washington che contesta le conclusioni dell’Osa, sostenendo che “in contraddizione con la versione appoggiata, senza prove, dalla missione dell’Osa, l’analisi statistica mostra che era prevedibile la vittoria di Morales al primo turno”.

(di Maurizio Salvi/ANSA)

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