Parte lo show impeachment, l’ora della verità per Trump

Immagine della notizia del via al processo dell'impeachment di Trump, riportata nello schermo del canale 9 abc
Immagine della notizia del via al processo dell'impeachment di Trump, riportata nello schermo del canale 9 abc . (WAOW)

WASHINGTON. – Parte mercoledì lo show dell’impeachment, con le prime testimonianze pubbliche alla Camera che arriveranno in diretta tv nelle case di milioni di americani, proprio mentre Donald Trump riceverà alla Casa Bianca il presidente turco Recep Tayyip Erdogan dopo il controverso ritiro Usa dalla Siria.

I democratici, che controllano la House, sperano di mettere il presidente in stato di accusa entro fine anno. Per Trump è l’ora della verità, anche se conta sul fatto che la maggioranza repubblicana lo assolverà eventualmente al Senato, dove occorrono i due terzi dei voti per la condanna: al momento non ci sono 20 dissidenti.

Ma l’esito finale dell’impeachment resta imprevedibile, come pure l’impatto sull’opinione pubblica nelle elezioni per la Casa Bianca del 2020: nei sondaggi è in crescita la percentuale di chi è favorevole al procedimento.

É la terza volta nella storia americana che un presidente viene sottoposto formalmente ad una indagine di impeachment, dopo Andrew Johnson (1868) e Bill Clinton (1998), entrambi assolti, mentre Richard Nixon si dimise nel ’74 per evitare le accuse nello scandalo Watergate.

Scampato a due anni di inchiesta del super procuratore Robert Mueller sul Russiagate, Trump si è inguaiato da solo in quello che è stato ribattezzato l’Ucrainagate.

Colpa della telefonata del 25 luglio scorso in cui chiese al presidente ucraino Volodymyr Zelensky “il favore” di indagare Joe Biden – suo rivale nella corsa alla Casa Bianca – e il figlio Hunter, che entrò nel board della società energetica privata ucraina Burisma quando il padre, all’epoca vicepresidente, gestiva i rapporti con Kiev e sollecitò il siluramento del chiacchierato procuratore generale che stava indagando anche su Burisma.

“Corruzione”, sostiene il tycoon, sospettato però a sua volta di aver bloccato gli aiuti militari Usa a Kiev legandoli alle indagini sui Biden.

Una telefonata poi denunciata da una talpa, un agente Cia in servizio alla Casa Bianca ora tutelato come “whistleblower”. Le sue accuse sono state corroborate a porte chiuse da vari testimoni, che da mercoledì saranno interrogati pubblicamente.

I primi sono i diplomatici William Taylor e George Kent, mentre venerdì tocca a Marie Yovanovitch, l’ambasciatrice Usa in Ucraina rimossa da Trump.

I repubblicani hanno fissato in un memo quattro linee di difesa. La prima è che il colloquio “non mostra alcuna condizione o prova di pressione”. La seconda che entrambi i presidenti hanno detto che “non c’era alcuna pressione nella telefonata”.

Inoltre, “il governo ucraino non era a conoscenza del congelamento degli aiuti Usa” durante la conversazione del 25 luglio. Infine, il blocco degli aiuti fu tolto l’11 settembre, senza che Kiev aprisse l’indagine sui Biden.

Una difesa che sembra però ignorare quanto emerso dalle indagini: dalle manovre di Rudy Giuliani, avvocato personale del tycoon, per far aprire le indagini sui Biden alle ammissioni dei diplomatici sui legami tra aiuti militari e indagini. I repubblicani hanno chiesto anche di sentire vari testi, tra cui Hunter Biden e la talpa, ma i dem hanno già risposto picche.

La Corte Suprema intanto affronta uno dei suoi casi più delicati, anche se si pronuncerà solo in giugno: la decisione del Trump di revocare il programma di Obama che protegge 700 mila dreamers, immigrati entrati in Usa quando erano minorenni al seguito di genitori clandestini.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

Lascia un commento