Sanchez vuole “un governo progresista”. Rivera lascia

Il presidente spagnolo Pedro Sanchez durante una conferenza stampa. ( Gazzetta del Sud)

MADRID. – Pedro Sanchez e il Psoe possono dire di aver vinto le elezioni. Ma ancora una volta i 120 seggi conquistati non bastano per sciogliere il rebus che è diventato la formazione del governo spagnolo.

E allora a calle Ferrez, la sede del partito socialista a Madrid, all’indomani del voto si dichiara un “necessario realismo” per far fronte ad una situazione se possibile ancora più complicata di quella prodotta dalle urne sei mesi fa.

Mentre Albert Rivera, leader di Ciudadanos praticamente dalla sua nascita nel 2006, dopo la debacle subita ieri esce di scena, annunciando che lascia la politica.

Così se Sanchez di seggi ne perde solo tre rispetto al risultato di aprile, le novità tutto intorno devono averlo convinto che tirare dritto verso un governo monocolore non se lo può permettere più.

Quello scommessa è persa e deve andaré oltre, con un unico paletto per il momento: no ad una grande coalizione di governo con i popolari. Uno degli scenari possibili, quest’ultimo, dopo che il Pp ha recuperato dal tonfo storico della scorsa consultazione assestandosi a 88 seggi.

“La palla sta nel campo di Sanchez adesso, deve decidere cosa fare”, aveva detto il leader popolare Pablo Casado nella notte elettorale.

“Noi non scommettiamo su un governo di grande coalizione. Scommettiamo su un governo progressista. Ci impegniamo a lavorare affinché si avvii quanto prima”, la risposta oggi del Psoe nelle parole del suo segretario organizzativo Josè Luis Abalos.

“A partire da ora, il nostro leader e aspirante alla presidenza del governo chiamerà le differenti formazioni politiche e sonderà le loro posizioni. Ci muoviamo a partire da qui”.

Con l’impegno, intanto, “che non ci sia un altro voto”, e nella consapevolezza che davanti al nuovo scenario bisognerà ricorrere a un bagno di realismo, coinvolgendo anche i partiti di minori.

La strada è strettissima ma questa volta a sinistra Sanchez trova la mano tesa di Podemos, con il suo leader Pablo Iglesias che parla di un governo di coalizione come una “necessità storica” e si dice anche disposto a lasciarsi alle spalle il braccio di ferro dei mesi scorsi con il leader socialista.

É noto dai fatti degli ultimi sei mesi che in assoluto non sarebbe la strada preferita da Sanchez. Ma ora i socialisti non possono più permettersi di fare gli schizzinosi: “Siamo aperti all’ascolto. Siamo ad una tappa nuova e bisogna adattarsi alla nuova realtà”.

E Ciudadanos? La notizia del giorno è l’uscita di scena del suo leader Albert Rivera, 39 anni (ne compirà 40 il prossimo 15 novembre), dal 2006 legato alla formazione politica che è cresciuta con lui fino ad entrare nel Parlamento di Madrid nel 2015.

Il partito è uscito dalle urne con le ossa rotta, pasando da 57 a 10 seggi. Dieci deputati che il partito socialista debe comunque tenere nel radar.

Infine la crescita folgorante dell’ultradestra di Vox, terzo partito con 52 seggi (partiva dai 24 ottenuti ad aprile). Oggi il suo leader Santiago Abascal ha ribadito la sua posizione: “Siamo un argine al separatismo. Gli spagnoli ci hanno votato per fare opposizione e noi certo non faciliteremo un governo del partito socialista”.

Il tutto mentre le piazze della Catalogna oggi sono tornate a riempirsi di indipendentisti che lanciano la loro sfida al potere centrale di Madrid.

(dell’inviata Anna Lisa Rapanà/ANSA)