La caduta di Albert, voleva essere Macron spagnolo

Il presidente del partito "Ciudadanos" rassegna le dimissioni in conferenza stampa. (WHAT-YOU)

MADRID. – “Voglio essere felice, lo sono stato, però adesso lo sarò fuori dalla politica”. A pochi giorni dal suo 40esimo compleanno Albert Rivera si congeda così dalla scena pubblica, all’indomani della debacle di Ciudadanos.

Il partito con cui è nato e cresciuto, ma che esce dalle urne pesantemente ridimensionato e per questo con un ruolo troppo diverso e troppo “piccolo” rispetto alle ambizioni del suo ormai ex leader, che voleva essere il Macron di Spagna.

Una questione di “responsabilità”, una decisione “personale, in coerenza con ciò che sono”, ha detto Rivera che ha guidato il movimento politico dai suoi albori 13 anni fa. Da avvocato, a Barcellona, nel 2006 fu coinvolto in una piattaforma política “sconosciuta e in cui nessuno credeva” ha raccontato lui stesso.

Un’iniziativa con radici nella società civile e nella política catalana (quello stesso anno Ciudadanos entra con tre deputati nel Parlament catalano). Parte presto però la ricerca di uno spazio nel panorama politico nazionale, di centro, liberale, e con una spiccata connotazione catalana proponendo un approccio intransigente alla questione indipendentista.

Il suo posto nell’emiciclo a Madrid Ciudadanos lo trova così nel 2015, entrando in parlamento con un certo clamore per le sue caratteristiche di novità e freschezza proprio mentre diventava evidente una crisi profonda nella politica spagnola provata dagli scandali di corruzione che sembravano indicare il tramonto del Partido Popular.

El “chico” arriva a Madrid e conosce giorni di gloria: un “indignado”Chico de oro della classe media al confronto del quale i politici dei partiti storici appaiono vetusti e la crisi che ha portato al lungo periodo di instabilità e anche all’attuale stallo è stata la sua occasione.

Poi però la virata a destra, l’intransigenza verso il separatismo e qualche ambizione di troppo: secondo alcuni osservatori l’inizio della fine giunge con il buon risultato delle elezioni in Andalusia del dicembre 2017 utilizzato per formare il governo locale con i popolari e l’appoggio dell’ultradestra di Vox.

L’ambizione cresce in una “personale sfida” a Sanchez e con sogni di Moncloa. É Rivera a convocare la manifestazione a plaza Colon, a Madrid, nel febbraio del 2018 insieme con Pp e Vox, allarmando la parte più moderata di Ciudadanos.

Ma dando anche il fianco al leader socialista che conia l’immagine delle “tre destre”. Ma lui rilancia e propone il “modello Andalusia” per il governo nazionale e in campagna elettorale la contrapposizione con il Psoe è durissima.

Nelle elezioni dello scorso aprile ancora regge: Ciudadanos ottiene 57 seggi in parlamento, non troppi in meno dei 66 dei popolari che sprofondano. Rivera è galvanizzato, si autoproclama “l’unica opposizione” a Sanchez.

Non aveva fatto i conti con la presa di Vox, cresciuto intanto negli ultimi mesi con rapidità folgorante, fino a rendere Ciudadanos ‘politicamente inutile’ nell’ultima campagna elettorale.

Il risultato: 47 seggi in meno. E “el chico de oro” che, scrive La Vanguardia, “ha scoperto di colpo e senza anestesia la durezza della caduta”.

(dell’inviata Anna Lisa Rapanà/ANSA)