Morales cede alle proteste e annuncia nuove elezioni

Bolivia, cittadini protestano nella Plaza Murillo, contro la rielezione di Evo Morales.
Bolivia, cittadini protestano nella Plaza Murillo, contro la rielezione di Evo Morales. EPA/Martin Alipaz

LA PAZ. – La Bolivia torna alle urne. A tre settimane dalle elezioni del 20 ottobre da cui era uscito formalmente vincitore, ma tra le proteste dell’opposizione, il presidente Evo Morales ha annunciato che si voterà di nuovo. Prima della sua conferenza stampa, l’équipe tecnica dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa), incaricata di indagare lo scorso processo elettorale, aveva pubblicato un rapporto in cui rendeva noto di aver constatato la presenza di irregolarità anche gravi, e proponeva di convocare un nuovo voto sotto la responsabilità di un rinnovato Tribunale supremo elettorale (Tse).

Lodando il lavoro della sua squadra, il segretario generale dell’Osa, Luis Almagro, aveva però voluto precisare che “i mandati costituzionali in Bolivia non debbono essere interrotti, compreso quello del presidente Morales”.

Parlando ai giornalisti a El Alto, vicino a La Paz, senza fare alcun riferimento al rapporto dell’Osa, Morales ha spiegato che “nuove elezioni permetteranno al popolo boliviano di eleggere democraticamente nuove autorità”, aggiungendo di voler cambiare anche i membri del Tribunale elettorale supremo (Tse). Il capo dello Stato ha quindi precisato che “nelle prossime ore” il Parlamento, d’accordo con tutte le forze politiche, stabilirà le procedure per rinnovare l’insieme dei membri del Tse.

Per il momento tuttavia l’annuncio non ha avuto l’effetto sperato di calmare le proteste che da tre settimane hanno sconvolto la vita dei boliviani nei principali centri urbani del Paese, toccando anche la polizia, in parte ammutinatasi, e causando almeno tre morti e centinaia di feriti. Con Morales che è arrivato a parlare di “golpe fascista” dopo che le case dei governatori di Chuquisaca ed Oruro e quella di sua sorella sono state date alle fiamme.

I partiti di opposizione, e ancora di più i comitati civici guidati dal presidente del ‘Comité pro Santa Cruz’, Luis Fernando Camacho, hanno sfruttato le parole del capo dello Stato per forzarne il più presto possibile l’uscita di scena, ricordando l’esito di un referendum che respinse la sua richiesta di candidarsi per un quarto mandato.

Così l’ex presidente Carlos Mesa, leader del partito Comunidad Ciudadana giunto secondo nel voto del 20 ottobre, ha dichiarato che “nel nuovo processo elettorale annunciato oggi, il presidente Morales ed il suo vice, Alvaro Garcia Linera, non potranno essere candidati”. Ed ha aggiunto che il rapporto preliminare dell’Osa “ha evidenziato irregolarità da molto gravi a indicative, cosa che per noi significa che vi sono stati brogli di cui il capo dello Stato è responsabile”.

Più dura, se possibile, la posizione di Camacho, per il quale lo sciopero a tempo indeterminato indetto dai comitati civici continuerà fino alla rinuncia del presidente Morales e del suo vice Garcia Linera. Il leader dei comitati civici ha inoltre chiesto “le dimissioni di tutti i deputati e senatori” eletti di recente e dei membri del Tribunale supremo elettorale (Tse). Quando questo avverrà, ha aggiunto, dovrà assumere la guida del Paese una Giunta di governo eletta fra personaggi di rilievo boliviani.

(di Maurizio Salvi/ANSA)

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