Visco: “Invecchiamento e crisi ambiente minano l’economia”

Tre anziani passeggiano in un parco. (nextQuotidiano)

ROMA.- Invecchiamento della popolazione, migranti, impatto dei flussi di nuovi poveri sulle economie avanzate: non sono solo concetti astratti che alimentano un dibattito esclusivamente identitario ma capisaldi del futuro sviluppo economico, imprescindibili aspetti con cui confrontarsi.

É quello che ha spiegato in sintesi il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, inaugurando l’anno accademico dell’Università di Cagliari. La stasi demografica finisce infatti per incidere negativamente sul debito mentre il global warming impatta direttamente sulla produzione e quindi sul pil.

Se è vero, come sostiene Jonathan Safran Foer nel suo ultimo libro, che finché non si avverte come una questione personale questo dramma, il problema non assumerà la giusta rilevanza per la maggioranza della popolazione, è comunque con analisi precise che si deve fare breccia in questo muro.

Senza dimenticare quindi l’altro tema non ancora percepito come fonte di potenziali rischi per l’economia, come ha sottolineato Visco, quello delle crisi ambientali.

“Tra il 2020 ed il 2030 – spiega il numero uno di Bankitalia – il flusso di nuovi migranti potrebbe raggiungere la cifra record di circa 230 milioni di persone. In Europa, tuttavia, gli arrivi previsti non basterebbero più a impedire una sensibile diminuzione del numero di persone in età attiva”.

“Nei prossimi 25 anni – precisa Visco nella sua analisi – il numero di persone di età compresa tra 20 e 64 anni scenderà di quasi 30 milioni in Europa, 6 dei quali in Italia. La stessa classe di età aumenterà fortemente, invece, in Africa e in Asia, rispettivamente di circa 570 e 290 milioni nelle previsioni delle Nazioni Unite: le risultanti pressioni migratorie saranno fortissime”.

Non è ancora a tutti così chiaro, ma questo comporta conseguenze importanti: “Soprattutto nei paesi avanzati – è l’allarme – le tendenze demografiche stanno mettendo sotto pressione le finanze pubbliche e spingendo al rialzo la dinamica del rapporto tra debito e prodotto.

L’invecchiamento della popolazione determina una crescita delle spese per le pensioni e per l’assistenza sanitaria che, a parità di altre condizioni, causa un aumento del disavanzo e del debito.

In Italia, grazie alle riforme della previdenza pubblica attuate negli ultimi tre decenni, questo fattore non ha più un grande peso”, ma il pericolo existe sempre, come dimostra il continuo affacciarsi di ipotesi di revisione, più o meno ampia, delle norme previdenziali.

Per contrastare “il progressivo calo della popolazione in età attiva” che “peggiora le prospettive di crescita del Pil” – suggerisce Visco nel corso del suo intervento – servono “interventi volti ad accrescere la produttività e la partecipazione al lavoro” bassa oggi per le donne, per i giovani e nel Mezzogiorno.

Ma accanto, anzi contestualmente, al problema demografico, un altro rischio per la crescita globale è costituito dal climate change: “La ‘crisi ambientale’ – è l’osservazione del responsabile di Palazzo Koch – potrebbe ridurre il reddito pro capite mondiale di quasi un quarto entro il 2100 rispetto al livello che si potrebbe altrimenti raggiungere, con riduzioni forti soprattutto nel Sud del mondo e più lievi (in qualche caso aumenti) nel resto del pianeta”.

Non è più solo Greta Thunberg a pretendere un cambiamento in tempi rapidi. “In assenza di incentivi più adeguati per gli investimenti ‘verdi’, di una regolamentazione più stringente o di una tassazione più accentuata delle fonti di energia maggiormente inquinanti – avverte il banchiere centrale italiano – la crescita delle emissioni di gas serra porterebbe infatti a un incremento della temperatura del pianeta che, secondo i principali modelli climatici, raggiungerebbe i 3-5 gradi entro la fine di questo secolo.

Nel 2018 l’aumento della temperatura media globale rispetto al periodo 1961-1990 è stato di 0,98 gradi a livello globale e di 1,71 gradi in Italia. Anche se forti variazioni della temperatura sono già avvenute in passato, per la prima volta oggi accadono per effetto dell’azione dell’uomo.

La velocità del cambiamento previsto e la sua apparente inesorabilità sono tali da richiedere una risposta in tempi assai rapidi”.

Velocità che finora non è certo stata l’aggettivo più calzante per la classe dirigente italiana ed il suo sistemaeconomico: “In Italia il sistema produttivo non è riuscito ad adattarsi con prontezza ai grandi cambiamenti prodotti nel tempo” e cita la tecnologia e la globalizzazione; ne hanno risentito la produttività e il potenziale di crescita dell’economia”, mette in evidenza Visco.

Infine, chiude con numeri impietosi: “gli indici che riassumono il livello di digitalizzazione dell’Ue e degli Stati membri pongano l’Italia agli ultimi posti”.

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