Con lo smartphone il mondo più accessibile ai disabili

Con lo smartphone il mondo più accessibile ai disabili
Con lo smartphone il mondo più accessibile ai disabili

MILANO. – Per leggere un’email non servono gli occhi. Per conversare con una persona, si può fare a meno delle orecchie. Per accendere la tv e scegliere il film preferito, non bisogna muovere neanche un dito. L’esperienza quotidiana del mondo diventa più accessibile a chi soffre di disabilità, grazie alle nuove soluzioni sviluppate da Google per migliorare la fruibilità dei dispositivi Android.

Su tutti troneggia lo smartphone, che grazie all’intelligenza artificiale può finalmente leggere, ascoltare e parlare al posto nostro. “Stiamo entrando in una nuova Età dell’oro, grazie ai progressi dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico, combinati alla possibilità di far vivere sul telefono gli algoritmi che un tempo operavano solo nei grandi cloud: così abbiamo nuove funzioni disponibili anche offline, non solo per chi ha disabilità, ma potenzialmente per tutti”, spiega Brian Kemler, responsabile della suite Accessibilità di Google, che fa esempi pratici.

“Live Caption – sottolinea – che sottotitola in automatico i contenuti multimediali riprodotti sul telefono per chi ha problemi di udito, potrebbe essere usata per vedere i video sul telefono in metropolitana anche se abbiamo scordato gli auricolari. L’amplificatore, collegabile all’apparecchio acustico così come alle cuffie, potrebbe permetterci di ascoltare meglio un film senza disturbare chi ci sta accanto.

TalkBack, che fa la lettura vocale dello schermo, ci permetterebbe di usare il telefono senza distrarci durante la guida dell’auto. O ancora l’accesso vocale, che consente di interagire col dispositivo senza toccare lo schermo, ci potrebbe essere utile per cercare una ricetta online quando cuciniamo e abbiamo le mani sporche”.

Quello che nasce per pochi, diventa per tutti. Gli esperti del colosso di Mountain View lo chiamano “curb cut effect”, riferendosi agli scivoli dei marciapiedi che oggi usiamo tutti per portare più comodamente passeggini e valigie, ma che in origine erano stati pensati per aiutare i disabili.

Lo stesso accade anche oggi con le nuove tecnologie, che diventano sempre più fruibili per tutti grazie agli adattamenti sviluppati pensando a quel miliardo di persone nel mondo che convivono con una disabilità, temporanea o permanente.

“L’accessibilità è un diritto umano: il cuore della nostra missione non è solo rendere accessibili i prodotti, ma l’esperienza del web e del mondo, per rendere i disabili più autonomi e migliorare la loro interazione con le persone vicine”, osserva Kemler.

Lo testimonia anche l’esperienza della giovane Geneviève Pedrini, ipovedente dalla nascita, ormai nota campionessa paralimpica di slalom gigante e violoncellista, da poco laureata con una tesi in Musicologia dedicata proprio all’accessibilità.

“Grazie alla tecnologia ora posso fare cose che un tempo pensavo impossibili – spiega – posso muovermi in autonomia percorrendo anche strade sconosciute, posso navigare in Internet e postare contenuti sui social da sola, posso lavorare meglio grazie ai lettori dello schermo. Ci sono ancora molte criticità, ma l’approccio delle aziende che sviluppano questi prodotti sta cambiando”.

(di Elisa Buson/ANSA)

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