Prove di voto in cinque Stati Usa, un referendum su Trump

Il presidente Donald Trumo (destra) arriva a Louisville in appoggio al Governatore di Kentucky Matt Bevin,(sinistra) ore prima del voto nelle elezioni administrative in cinque stati. (WDRB.com)

WASHINGTON. – L’America fa le prove generali a un anno dalle presidenziali del 3 novembre del 2020. In ben cinque Stati milioni di cittadini sono chiamati a rinnovare le istituzioni locali. Ma il Supertuesday è inevitabilmente destinato a dare un’indicazione su quello che potrebbe accadere tra dodici mesi.

Si tratta del primo voto dopo l’avvio dell’indagine per impeachment contro il presidente, e dalla Virginia al Kentucky le elezioni non possono che trasformarsi in un vero e proprio referendum sull’operato di Donald Trump.

In gioco c’è soprattutto la tenuta del tycoon negli Stati del sud che nel 2016, insieme a quelli industriali della Rust Belt, furono fondamentali per il suo trionfo, con oltre il 60% degli elettori che votarono per lui. Oltre al Kentucky, dove Trump vinse su Hillary Clinton con 30 punti di vantaggio, si elegge il governatore in Mississippi e in Louisiana, che tre anni furono facilmente conquistati dal tycoon rispettivamente con 17 e 20 punti di vantaggio.

Ma ora le cose potrebbero cambiare, con gli ultimi sondaggi che indicano come nei tre Stati sarà battaglia fino all’ultimo voto. In Kentucky il governatore uscente Matt Bevin, un trumpiano di ferro che ha fatto campagna puntando proprio sui suoi rapporti con il tycoon, è dato alla pari col democrático Andy Beshear.

Trump fiuta il pericolo e non a caso vola nello Stato alla vigilia del voto per salire sul palco dell’ultimo comizio di Bevin. Cattive notizie per i repubblicani, però, anche in Louisiana, dove il democratico John Bel Edwards è in vantaggio di addirittura 23 punti, e in Mississippi, dove il candidato repubblicano Tate Reeves è avanti solo di tre lunghezze.

Per Trump si tratta di numeri preoccupanti che, se  confermati nelle urne, suonerebbero come un campanello d’allarme per le sue chance di rielezione, segnalando come una parte dello zoccolo duro che ha finora sostenuto il tycoon si sta sgretolando. Anche se alla vigilia del supermartedì a soffiare sulle vele del tycoon ci pensa una Wall Street da record, dopo gli ottimi dati sull’occupazione della scorsa settimana.

Ma i repubblicani rischiano la sconfitta anche in Virginia e in New Jersey, dove si vota per rinnovare i parlamenti locali. E nonostante Trump parli di fake news, alla Casa Bianca si guarda con grande preoccupazione alle ultime rilevazioni da cui emerge che circa la metà degli americani è favorevole all’impeachment e pensa che il presidente vada rimosso dall’incarico.

I democratici sono alla finestra e sperano. Anche perché la sensazione è che non abbiano ancora trovato il candidato ideale per il 2020. L’ultimo sondaggio del New York Times mostra come solo il moderato Joe Biden sia in grado di battere Trump nella maggior parte degli Stati chiave.

Ma le difficoltà in cui naviga la campagna dell’ex vicepresidente e l’ascesa della senatrice progressista Elizabeth Warren, vista come il fumo negli occhi da Wall Street, creano ansia tra i dem in vista delle primarie.

“Tutti sono nervosi per Warren”, spiega Steve Rattner, il democratico che gestisce la ricchezza personale di quel Michael Bloomberg che potrebbe essere la vera clamorosa sorpresa dei prossimi mesi.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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