Migranti, Ahmed: “Raccoglievo pomodori, ora sono laureato”

Lavoratori raccolgono pomodori.
Raccolta di pomodori.

ROMA. – “Abbiamo rischiato la vita e siamo sopravvissuti, ora è il momento di dare il nostro contributo al Paese che ci ha accolto. Chiediamo a istituzioni accademiche di darci spazio per contribuire”. Queste le parole di Apollos, rifugiato nigeriano e studente universitario a Parma, che ha portato la sua testimonianza al seminario “L’impegno delle università per i rifugiati” in corso alla Sapienza di Roma.

Durante l’incontro tanti rifugiati, che hanno trovato in Italia il loro riscatto attraverso gli studi, hanno portato la loro testimonianza. Ahmed, sudanese di 32 anni, è arrivato a Lampedusa nel 2011, ha appena terminato il suo percorso di studi all’Università di Torino ed ora sta svolgendo un tirocinio in un’azienda di assicurazioni del posto:

“Una volta arrivati a Torino – ha detto – non è stato facile, vivevo in una casa occupata e sono riuscito ad iscrivermi al primo anno dell’università grazie ad una borsa di studio. Poi non ce l’ho avuta più. Inizialmente ho pensato di mollare tutto, ma poi, dopo tutta la strada fatta, ho deciso di continuare.

Ho iniziato a lavorare, facevo il lavapiatti, raccoglievo i pomodori. Io rifugiato volevo dimostrare di poter cambiare la mia posizione con lo studio. Ora ho finito gli studi e sto facendo un tirocinio, sono contento di aver realizzato i miei sogni. Sono stato abbandonato dal mio paese grazie. Voglio ringraziare tutti gli italiani che mi hanno accolto”.

Joy, albina nigeriana, è al secondo anno a Trento: “Sono arrivata in Italia nel 2016. Sono nata con albinismo in Africa, per noi non c’è speranza… A Trento c’è un progetto di grande aiuto. Ho trovato un servizio di tutoring, persone che aiutano con i corsi. Personalmente mi aspettavo un mondo difficile all’Università, ma con questo progetto ho trovato un ambiente accogliente e rilassante”.

Apollos, invece, frequenta l’ateneo di Parma, la facoltà di scienze dell’educazione e dei processi formativi. “Sono un rifugiato, uno studente universitario e un operatore sociale – è intervenuto -. A Parma abbiamo realizzato due progetti diversi: il primo si occupa di formare i rifugiati alle ricerche; il secondo è un corso di formazione, si chiama ‘lezione aperta’, e porta la nostra esperienza di rifugiati all’interno delle classi.

Ci confrontiamo con gli studenti sui temi scelti insieme. Questo corso mi ha fatto superare le mie paure, parlare dei miei diritti e dei miei doveri. Noi abbiamo rischiato la vita e siamo sopravvissuti, ora è il momento di dare il nostro contributo al Paese che ci ha accolto”.

Tra i tanti interventi anche quello di un ragazzo che sta per presentare a Palermo la su tesi di dottorato sulla schiavitù contemporanea”. Il convegno alla Sapienza è stato organizzato dalla prima università romana (con il professor Sergio Marchisio come referente) insieme all’Unhcr.

(di Paola Lo Mele/ANSA)