Il Cile squassato dalle proteste cancella i vertici

Durante le proteste manifestanti appiccano fuoco a una statua dei Carabineros di Cile.
Durante le proteste manifestanti appiccano fuoco a una statua dei Carabineros di Cile. (Panorama)

SANTIAGO DEL CILE.  – Sorpresa, sgomento, preoccupazione: la comunità politica e diplomática internazionale ha accolto con questi sentimenti l’annuncio oggi da parte del presidente Sebastian Pinera della sospensione dell’organizzazione in Cile di un imminente ed atteso vértice del forum di Cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec) e anche della 25esima Conferenza dell’Onu sul cambiamento climatico.

Accompagnato dai ministri degli Esteri, Teodoro Ribera, e dell’Ambiente, Carolina Schmidt, Pinera ha detto di essere “profondamente rammaricato” per la decisione presa e di avere coscienza di quanto la sospensione degli appuntamenti significhi per la comunità internazionale.

Ma, ha chiarito in riferimento ai 13 giorni di proteste e ai 20 morti causati dagli incidenti, “come presidente di tutti i cileni, devo sempre anteporre i loro problemi, le loro necessità e speranze prima di ogni altra cosa”.

Che qualcosa del genere potesse essere nell’aria lo si era peraltro capito già ieri, con l’annuncio del rinvio a fine gennaio da parte della Commissione economica dell’Onu per l’America latina (Cepal) della Conferenza regionale sulla Donna d’America latina e dei Caraibi, prevista per inizio novembre.

Fatto sta che il vertice Apec, in calendario per il 16 e 17 novembre, era molto atteso dalle principali capital internazionali perché, con la presenza di Donald Trump e Xi Jinping, poteva essere l’occasione giusta per una mini-tregua sui dazi fra Stati Uniti e Cina.

A Washington la Casa Bianca ha cercato immediatamente di ridurre l’incertezza. “Al momento – ha puntualizzato un portavoce – sembra che l’Apec non si terrà in Cile e che non ci sia una seconda alternativa. Attendiamo potenziali informazioni. Intendiamo finalizzare la fase uno dello storico accordo con la Cina nello stesso arco di tempo”.

Simili problemi anche per la COP25 dell’Onu sul cambiamento climatico. La conferenza doveva svolgersi inizialmente in Brasile, ma il presidente Jair Bolsonaro annunciò la renuncia del suo governo, per cui l’organizzazione passò al Cile che l’aveva fissata per il 2-13 dicembre 2019.

L’appuntamento, a cui dovevano partecipare oltre 2.000 persone in rappresentanza dei 193 Paesi firmatari della Convenzione quadro, doveva servire ad una verifica degli impegni degli Stati sulla base di quanto deciso a Parigi nel 2015, per contribuire entro il 2020 alla riduzione dell’inquinamento del pianeta.

Il dibattito avrebbe permesso in particolare di confermare, o magari fugare, i timori che sugli impegni assunti molte nazioni siano in chiaro ritardo.

Sottolineando la sorpresa per la decisione cilena, la segretaria esecutiva della Convenzione quadro Onu, Patricia Espinosa, si è limitata a confermare che il Palazzo di Vetro “è stato informato e che ora stiamo verificando in extremis le possibilità di spostare il vertice”.

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