Qardash “il distruttore”, mistero sul nuovo Califfo

L'iracheno Abdullah Qardash, detto “il distruttore”, presunto nuevo Califfo del Isis. (naijanews.com)

ROMA. – L’Isis avrebbe un nuovo leader: “il distruttore” Abdullah Qardash, iracheno e della tribù Quraysh, quella del Profeta, quindi in grado di assumere anche il ruolo di Califfo dello Stato islamico. Ma le cose non sembrano così semplici e l’erede di Baghdadi potrebbe essere solo un fantasma.

All’indomani della morte del Califfo è stato Newsweek a rilanciare il nome di Qardash, ex ufficiale dell’intelligence di Saddam, soprannominato il ‘Distruttore’ per la spietatezza mostrata a Mosul e contro i traditori dell’organizzazione. Secondo altre versioni però, Qardash sarebbe già morto e sepolto da mesi.

Tra i più stretti sodali di Baghdadi, con cui ha condiviso nel 2003 la cella nel Camp Bucca di Bassora messo in piedi dagli americani in Iraq, prima di farsi strada nella pirámide dell’Isis Qardash era noto per i suoi studi religiosi ed è stato a lungo giudice della sharia nelle file di al Qaida, cosa che gli valse lo pseudonimo di “Professore”.

Nei mesi scorsi, con Baghdadi braccato e impossibilitato a comunicare all’esterno, avrebbe preso le redini dell’organizzazione. Ma gli esperti non ci credono: il comunicato citato da Newsweek, del 7 agosto diramato da Amaq, l’agenzia dell’Isis, venne bollato a suo tempo come una fake news.

Secondo la versione della figlia, detenuta in Iraq, Qardash è stato ucciso nel 2017. E in una pubblicazione ufficiale dell’Isis si fa riferimento al suo trasferimento in Siria da Tal Afar, nord Iraq, non lontano da Mosul, e poi alla sua uccisione.

Vale la pena notare comunque che gli annunci di morte dello Stato islamico sono stati in passato utilizzati nell’ambito di operazioni di copertura, come per esempio nelle stragi di Parigi, compiute da jihadisti di cui era stata annunciata la dipartita mesi prima.

Per la leadership Isis spuntano comunque altri due luogotenenti di Baghdadi: Abu Othman al Tunsi e Abu Saleh al Juzrawi (Hajj Abdullah), figure su cui l’intelligence ha in mano poco o nulla. Il primo però è tunisino, il secondo saudita: per il ramo iracheno dell’Isis, quello più potente, potrebbe rappresentare un problema.

La diatriba non sembra comunque poter avere effetti diretti sull’attuale natura dell’organizzazione, con decine di migliaia tra sostenitori ed ex combattenti dispersi nell’intero Medio Oriente e altri schierati sui nuovi fronti, in particolare in Asia. Egitto, Filippine, le stesse forze curdo-siriane che ancora gestiscono i campi di prigionia dell’Isis hanno elevato al massimo lo stato di allerta.

Sono quasi 10.000 gli ex combattenti detenuti nel nord della Siria che potrebbero tornare di nuovo in campo. Si temono rivolte e attacchi: perché l’Isis è un’organizzazione frastagliata, pronta a colpire con ogni forma di guerriglia, con o senza un leader. Anche in Occidente, naturalmente.

(di Claudio Accogli/ANSA)

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