Le mille vite di Bukovsky, inguaribile dissidente

Vladimir Bukovsky arriva a Mosca nell'ottobre 2007 per participare ad un incontro con i suoi sostenitori.(AP)

MOSCA. – “Era unico, dopo che è nato hanno rotto lo stampo”. Il ricordo più commosso di Vladimir Bukovsky, leggendario dissidente sovietico, è dell’amica e traduttrice Alyona Kojevnikov, che lo ha salutato all’Addenbrookes Hospital di Cambridge, dove Bukovsky è scomparso domenica all’età di 76 anni.

Figlio di genitori entrambi giornalisti, l’ex enfant terrible dell’Urss ha vissuto molte vite e in ognuna di queste ha sempre criticato aspramente il potere, non solo in Unione Sovietica (prima) e in Russia (poi) ma anche in Occidente.

Bukovsky finì nei guai per la prima volta nel 1963, quando fu arrestato per possesso di letteratura proibita. Piuttosto che metterlo sotto processo, le autorità sovietiche lo dichiararono malato di mente e lo rinchiusero in un ospedale psichiatrico – una tattica comune usata nell’Urss per screditare i dissidenti e confinarli senza sembrare prigionieri politici.

In manicomio conobbe le torture atroci compiute per mezzo dei farmaci e, una volta liberato, si adoperò per combattere quel sistema subdolo e repressivo riuscendo a contrabbandare in Occidente, nel 1971, i registri ospedalieri psichiatrici di sei noti dissidenti.

Dopo un altro giro ci carcere, nel 1976 fu espulso dall’Urss e scambiato dal governo sovietico con Luis Corvalán, il segretario generale del Partito Comunista cileno.

Bukovsky si stabilì in Gran Bretagna e iniziò una prolífica carriera di attivista e scrittore, dando vita a libri celebri – il più famoso è forse “Come costruire un castello: la mia vita di disidente” – apparsi sino alla fine dei suoi giorni.

La versione in inglese di “Jugement a Moscou: un dissident dans les archives du Kremlin” è infatti uscita nel maggio del 2019 per la Ninth of November Press (volume in cui analizza migliaia di pagine di archivi sovietici top secret da lui stesso trafugati nel 1993).

Bukovsky non ha avuto parole gentili nemmeno per Vladimir Putin – “è il male” – e ha combattuto la sua politica, tentando persino di sfidarlo alle presidenziali del 2008, salvo essere escluso dalla tenzone per vie giudiziarie.

Animo inquieto, divenne consulente informale di Margaret Thatcher e Ronald Reagan, criticò aspramente il progetto politico dell’Unione Europea, definito “totalitarista”, e infine divenne il mentore di Alexander Litvinenko, l’ex agente del Kgb avvelenato a Londra nel 2006 con il polonio (che addossò senza mezzi termini al Cremlino).

Gli ultimi anni della sua vita furono segnati da una battaglia contro la magistratura britannica, che lo incriminò per il possesso d’immagini pedopornografiche rinvenute sul suo computer: Bukovsky negó sempre ogni responsabilità e accusò gli 007 russi di averlo incastrato.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)